E' QUI E ADESSO CHE TUTTO SUCCEDE





E'  una raccolta “baule” dove ho archiviato per
alcuni anni, poesie, raccontini e racconti inediti e tutto quello che mi passava per la testa.


Troverai qui sotto in questo ordine:
Poesie 
Racconti 
Frasi e aforismi 



POESIE



PADRE
Ho visto i tuoi occhi
Ho visto le tue mani
Padre
Ho visto ciò che hai fatto
E nel bene e nel male posso perdonarti
perché conosco la tua fede
e mi è servito a migliorare
Ho capito. E tu?
Hai capito il tuo passato?
Hai capito ciò che hai fatto?
Non importa perché non ci sei più
e nel bene e nel male ti dico solo grazie:
Grazie per aver vissuto prima di me
Grazie per aver sbagliato prima di me
Ho visto ciò che hai fatto
e nel bene e nel male sarà la mia lezione
Questo è il mio tempo,
ora spetta a me agire
e spero che domani
ci sia un figlio che mi ringrazierà,
nel bene e nel male.


AL DI LA DEL TEMPO
Se non fossi così pazzo non potrei mai scriverti questa canzone,
non c’è nessuna ragione per amarti già così tanto, perché tu non esisti ancora,
eppure al di là del tempo tu sei già con me,
Non può essere solo un desiderio a farmi vedere i tuoi occhi, le tue manine,
e sentire la tua vocina mentre ride,
sì io sono pazzo, lo so, ma allora cos’è che sento quando mi sembra di sfiorarti?
Cos’è che sento quando mi sembra di sentire il tuo respiro sul mio petto?
Non so se sarò un buon padre, ma se al di la del tempo, sono qui che ti cerco,
forse ho già qualcosa da darti
Io lo so che tu sei lì che aspetti che incontri la tua mamma,
e allora aiutaci se puoi a trovarci,
così finalmente puoi venire anche tu, tra noi
qui non è un gran che ma tu aiuterai a migliorare
perché sei figlia dell’amore
perché ovunque ti trovi sei già amata
perché tu esisti già, se no cos’è che sento io al di la del tempo?


LACRIMA
Esci da dove?
Cosa porti con te?
Un segreto
Un’emozione
che evapora quando tocchi la pelle
perché il suo calore ne asciuga il senso
esalandolo all’aria
dove trova libertà
come una magia che non conosce spazio
ma solo gratitudine
Tu lacrima,
sei capace di placare la sete
perché contieni il bisogno di non avere bisogni
perché conosci soltanto spontaneità
e la tua vita finisce sulle curve di una guancia
Ma tu lacrima,
trovando libertà
indichi la strada del sentire
perché la tua fonte è il cuore del tutto
Tu lacrima,
sei il contenuto e l’involucro al tempo stesso
nasci dal fondo
e sei l’unica cosa che conosco,
capace di salire il più lontano possibile dal profondo
dando luce alle verità
gioia o dolore che siano
sei la cosa più pura che esiste
effimera come una nota
ma indispensabile
nella melodia della vita


FORESTIERO
Sono il forestiero
che annuncia il suo arrivo
con polvere e rumore
Nel villaggio qualcuno mi chiederà
da dove arrivo
altri dove sto andando
Ma se anche uno, uno solo
mi chiederà cosa porto con me
e quali storie ho da raccontare
allora io saprò
che in quel villaggio
ho un motivo per restare
Spiegherò che la via del sapere
è ostruita da macigni di ignoranza
ma poco più in là
scorre libera la via del sentire
che dona a chi cerca un po’ di speranza
Insegnerò che le parole
spesso nascondono falsità
e che è il silenzio
l’unico che ci ha sempre detto la verità
Donerò ad una fanciulla
un fiore
e insegnerò ad
un giovane
il coraggio e l’amore
Bacerò sulla fronte un vecchio
perché possa fare per tutti da specchio
e quando il sole non darà più calore
andrò via contento
per aver reso quel villaggio
un luogo migliore
E a chi incontrerò dopo
nel mio viaggio
insegnerò quel che ho imparato io
in quel villaggio.


DENTRO LA BELLEZZA
Come un mare senza onde
Come un sole che non scalda
Come un vento che non soffia
Così vedevo la mia vita
Poi arrivò una frase
E delle parole mi innamorai
da allora il mio sangue
scorre nella bellezza del mondo
Vivrei sempre al suo fianco
Se non fosse così divinamente Lontana
perché in lei vidi gli occhi
della donna che vorrei
Mi nutro di arte e di poesia.
Immaginare, sognare, sperare
soffrire e amare,
tutto in un sol istante
che si chiama Vita.


IL SOGNO
Una notte feci un sogno un po’ strano
ma molto imparai in quel luogo lontano:
Ho chiesto a un nomade cosa andasse cercando
mi ha risposto che è colui che sta fermo
che cerca aspettando
Ho sentito un padre dire a suo figlio
che il mondo è un posto brutale
e il figlio gli ha chiesto com’era possibile
se a lui sembrava speciale
Ho visto un gran Re
inginocchiarsi a un poverello
perché gli aveva insegnato a vedere
del mondo soltanto il bello
Ho parlato d’amore a un criminale
mi ha detto che la vita gli ha insegnato ad odiare
Ho chiesto alla vita il motivo di questo
e lei ha risposto che a volte
si può aver paura ad amare
E allora
ho chiesto alla Paura
cosa la spingesse a spaventare
e lei mi ha detto che un giorno
con il suo amato Coraggio
eran quasi all’altare
ma di lì a poco lui
si innamorò di sua sorella Prudenza
e da quel giorno del suo amato
dovette far senza
Le dissi che non era un buon motivo
per spaventare la gente
rispose che le dispiaceva
ma non poteva far niente
Ho chiesto al Silenzio
se avesse mai detto parola
ha risposto che un giorno
ne disse una sola
gli ho chiesto se aveva voglia
di ripeterla ancora
mi ha detto che è inutile
perché chiunque la ignora
Al mattino ho capito
che solo le cose che hanno un inizio
posson finire
ma le cose che “sono”
non posson morire.


SE NON FOSSE…
Se non fosse terra
non esisteremmo.
Se non fosse acqua
non esisteremmo.
Se non fosse aria
non esisteremmo
Se non fosse fuoco
non esisteremmo
Se non fosse umana
la stupidità
non ci estingueremmo
e allora chiedo:
esisterebbe bellezza
se non ci fosse qualcuno
in grado di ammirarla?
Se non fosse uomo
non esisterebbe bellezza
E ancora chiedo:
oh esteta distruttore,
ma quale è il tuo destino?


TERRA
Ho fatto un viaggio lungo un metro dentro l’infinito
dove ho conosciuto un vecchio che mi parlava della sua gioventù
e un giovane preoccupato per la sua vecchiaia
Ho conosciuto eroi e ho imparato le loro storie
Ho incontrato un padre
che mi ha insegnato ad aprire una porta in un muro di noia
Ho scoperto dove dorme il vento
e ho visto spegnere un fuoco con il sudore di una madre
che dava alla luce una bimba di nome Fiamma
Ho imparato ad attraversare i confini
che separano le terre da loro stesse
e ho ascoltato l’aquila raccontare ciò che ha visto
Ho raccolto un frutto e l’ho mangiato piangendo
per annaffiare il seme con lacrime di gioia
Ho seguito il verme nella sua casa
dove ho imparato e vedere nel buio
Ho capito che si può camminare pur avendo le ali
ma si può volare anche senza
Ho scalato una montagna dove sopra ho trovato l’umiltà
e mi ha spiegato che le virtù stanno sulle vette più alte
Da lassù ho cercato la superbia
ma ho visto soltanto bellezza
Ho fatto un tuffo nel mare più profondo
dove ho trovato un antico tesoro
ma era solo uno specchio
Sono tornato sulla terra dove un pastore mi ha detto che la vera ricchezza
è dentro di noi
Alla fine del mio viaggio
ho capito di essere l’uomo
che ha trovato l’ago nel pagliaio
e con esso cucirò la terra con il cielo
con un filo di speranza
perché ho sentito piangere il Dio che li aveva creati
pensandoli come una cosa sola
Ora conosco il significato della parola
“TERRA”
e lo spiegherò al mondo disegnando un
fiore


CREDERE
non è un dio
ma un istinto
e forse è la stessa cosa
sono le cose che non so dire
perché stanno
dove i codici non esistono
fatte di forza e verità
parlano senza voce e
puoi sentirle senza ascoltare
CREDERE
è il mare da solcare
CREDERE
è il porto da raggiungere
non è un dio
ma un istinto
è ciò di cui sei fatto
ciò che tu puoi dare
CREDERE
che quando hai dato
hai più di prima
che quando hai finito
puoi rincominciare
che quando sogni
puoi volare
CREDERE
che c'è un senso nel soffrire
e un merito nel gioire
CREDERE
che c'è un tesoro
da cercare
e che sarai tu a trovare
CREDERE
che dentro di te quel dio piangerà
se smetterai di credere.


RUMORE
Trema uomo
Non puoi fare altro
È l’unica maniera che hai per sentirti vivo
Tu,
che non guardi mai negli occhi nessuno,
che non hai mai toccato nessuno,
che vedi solo cose che non esistono
Hai sempre camminato nel fango
ma non vi hai mai lasciato un’impronta,
il tuo cuore batte sì, ma non lo sente nessuno,
chiudi la porta della tua dimora e
incurante dell’orizzonte, ti senti al sicuro.
Ma ora che senti questo rumore, hai paura.
Trema uomo
Non puoi fare altro
Ma se solo avessi un po' di coraggio
Proveresti a guardare lontano,
più di quanto tu non abbia mai fatto
Se solo avessi un po' di coraggio,
proveresti ad ascoltare meglio,
più di quanto tu non abbia mai fatto
e lasceresti che il tuo piccolo cuore
traducesse il rumore che senti,
perché tutto intorno a te, ora,
ti sta insegnando a vibrare.


IL PECCATO DI AMARE
Ho fatto l’Amore con una donna bella come una rosa
ma di un altro era la sposa
Mi ha chiesto perdono per non esser per bene
le ho detto che il suo corpo a nessuno appartiene
Ma il marito non l’avrebbe capita
perché un uomo ha troppo orgoglio per sopportar la ferita
E se lui avesse voluto cacciarla
non avrei esitato nel continuare ad amarla
Perché dar l’amore mal non può fare
anche se si ha promesso fede all’altare
Mai con nessuno ne avrei fatto parola
per amor di una creatura pura come una viola
Lei mi dice che si sente una poco di buono
ma soltanto chi ruba ed uccide non può chieder
perdono
Spero di trovar la forza se anche a me succedesse
perché so che l’amor non vuol di promesse.


IL NUOVO CREDO
Canto una canzone
solo se esplode un’emozione
perché non faccio distinzione
tra l’eterno divenire
e un minuto di finzione
Non so ancora dov’è il confine
tra virtù e presunzione
ma so solo che per questo
non esiste punizione
Ho scoperto di saper volare
solo dopo che ho saltato
e che un’aquila prova vertigine
se il suo volo non ha più significato
Credo in quel Dio
che ha detto che bestemmiare il mio nome
è l’unico peccato
perché è solo con l’amor proprio
che l’amor vien contagiato
Correggo la traiettoria
dei miei pensieri
perché voglio far uscir
soltanto quelli veri
E come un fiume che non conosce riposo
anche se non si è mai alzato dal suo letto
invento parole nuove per poter dire al mondo
quel che ancora non è stato detto
E se vi farò ridere o pensare
saprò che quel che avevo
e che ho lasciato andare
mi è servito ad esser libero di dare
Se la tua mente non può più fantasticare
ricordati di un giorno e di un bambino
e dei sogni che riusciva a fare
e credimi fratello
che son solo le parole semplici
che posson far del nostro mondo
un posto un po’ più bello
Sento vivido un pensiero
che non c’è lacrima versata
che all’amor non sia servita.


UN GIORNO...
Un giorno ho chiesto alla Luna
di farmi da specchio
e lei mi ha fatto vedere
me stesso da vecchio
le ho detto che avrei voluto vedere
di me solo ‘l bello
ha risposto che basta guardare nel cuore
per veder quello..
..quel giorno ho conosciuto un maestro
che nulla sapeva
ma a tutti insegnava se qualcosa chiedeva
perché anche se nessuno
fosse un sapiente
le risposte chiunque
può trovar nella mente..
..quel giorno ho parlato di pace
ad un uomo di guerra
e mi ha detto che è solo con l’arma
che si conquista una terra
gli ho detto che un uomo ed un padre
non han bisogno di spranghe
perché la Terra vuol soltanto le vanghe..
..da quel giorno ho iniziato
con scriver parole
e qualcuno m’ha detto
che dan luce come fa ‘l Sole
e allora
ho continuato
con scriverne tante
con la speranza di lasciare qualcosa
com’ ha fatto Dante
..se un sol giorno
può dar tante cose
son sicuro che la vita è
come un giardino di rose
anche stavolta
ne ho imparato una nuova
che è solo l’amore
che non mette alla prova.


COSA SONO?
Sono la voce che annuncia il ritardo
Sono il silenzio dell’ultimo sguardo
Sono la voglia che manca al lavoro
Sono la nota stonata di un coro
Sono il mistero che avvolge l’ignoto
Sono la scossa di un terremoto
Sono il perdono di ogni peccato
Sono il profumo di un fiore sbocciato
Sono il mattino di un giorno qualunque
Son la speranza che si trova un po’ ovunque
Sono la pace tra due battaglie
Sono il rovescio delle medaglie
Sono il fischio d’un treno lontano
Sono la forza di una stretta di mano
Sono la noia di una storia finita
Son la fatica di una corsa in salita
Sono il fulcro di tutte le leve
Son l’impronta in un manto di neve
Sono il piacere di un bicchiere di vino
Sono il ginocchio sbucciato
d’un bambino
Sono il sipario che chiude la scena
Sono la fiamma che cuoce la cena
Sono un segreto che non si può dire
Sono un sogno che non può morire
Sono la pioggia che bagna la terra
e
sono un uomo che odia la guerra
Sono il significato di tutte le cose
che preme nell’atto di sentire la vita
ma come una falce che miete le rose
porto la pena di non averla capita.


IL LAVORO DI UNA VITA
Per viver devo lavorare
Per lavorare devo vivere
perché se non è la mia anima a vivere
cosa posso dare al mio lavoro?
Il lavoro non sarà mai la mia vita
perché la vita non è un lavoro
Il vecchio dice che ha lavorato una vita
e la vita gli chiede dove è stato
per tutto il tempo
che lei gli danzava intorno
E come mai ha così poco sentito
la sua voce
Che ne sarà di lui quando lei non ci sarà più
Cosa penserà il vecchio
quando la sentirà andare via
e guardandosi indietro vedrà solo
che ha lavorato una vita
mentre la vita
lavorava per farlo vivere.


IL MIGLIORE DI TUTTI
Salirai su una nave
e andrai molto distante
in un posto che aspetta
il suo governante
Porterai nel cuore tua madre
e l’ultima sua parola
che disse prima di rimaner sola
e il tuo pensiero andrà spesso
a quel che da lei hai imparato
che c’è forza in un uomo
solo se segue quel che ha sognato
Tu sarai il migliore di tutti
capace di regnar nei momenti più brutti
soddisfacendo la gente
senza l’inganno
profeta e maestro
di quelli che sanno
Porta il tuo nome
nell’alto cospetto
perché chiunque nel regno
sa che presto va detto
detto ed urlato senza ritegno
perché come il tuo popolo
anche tu ami quel regno
Io sono il padre che ti ha dato la vita
e starò al fianco tuo
fin quando anche la tua
non sarà finita.


IL SIGNORE DEL NIENTE
Sono il signore del niente
e governo il nulla
Sono maestro nell’arte del silenzio
ma dalla mia bocca escono solo verità
Mi nutro di saggezza e di antichi saperi
ma spesso dimentico il mio nome
Esco di notte in cerca di luce
perché al giorno l’ignoranza mi acceca
Vorrei conoscere il verbo degli Dei
per capirne il messaggio
e farne un segreto da svelare ai maestri
Esisto da uomo ma sogno da mistico
Corteggio la solitudine per avere da lei un figlio
che porti a compimento la mia opera
Il mio popolo vive sotto i mari
ma io non so nuotare
Galleggiare è ancora una virtù
e loro lo sanno
Aspettano che ritorni da loro con parole nuove
e io studio il mondo per scoprirne il vero volto
Il vento mi ha detto che il tempo è poco
e il tempo mi ha detto che può aspettare ancora
Ma io sono pronto e parto ora
perché la mia casa mi aspetta


INTELLIGENZA?
Chi è intelligente sa di esserlo
Chi non è intelligente forse
non lo è abbastanza da capire di non esserlo
Quindi chiunque crede di essere intelligente
o abbastanza intelligente
Io non so se lo penso di me stesso
perché so di esserlo
o perché credo di esserlo
Del resto chi può dire di sé stesso
di non essere intelligente?
Ma allora chi è veramente intelligente?
Un’insieme di persone può dire se un tale è intelligente
Ma quelle persone sono intelligenti?
Per riconoscere l’intelligenza
bisogna essere intelligenti
Ma allora anche per riconoscere la stupidità
bisogna esserlo
e se quel tale la riconoscesse in se stesso
vorrebbe dire
o che si sbaglia
o che è intelligente tanto da capire di non esserlo
Ma non essere intelligenti
non significa essere stupidi
si può essere intelligenti
tanto da non essere stupidi
Da domani decido di non sentirmi intelligente
e non affiderò a nessuno
la responsabilità di stabilirlo
però so che posso continuare a domandarmelo
Quindi se me lo domando
significa che sono intelligente?
Ma se lo sono
cosa me lo domando a fare?
Però è intelligente pensare
che non si possa fare altro
proclamando così
il punto interrogativo
come simbolo
dell’intelligenza.
?


LE CITTA’
Strade e palazzi fan le città
e il verde son pochi che san dove sta
d’asfalto e cemento è fatta la mente
e sempre più triste sembra la gente
Tutti si muovon di corsa o di fretta
per salir sembrerebbe sopra una vetta
ma a scalar con fatica
non van su pei monti
s’affannan a riempir nelle banche
i lor conti
Almeno così facevan all’inizio
quando il lavoro era più redditizio
ma ora che tutti parlan di crisi
si vedon nei volti più pochi sorrisi
Ognuno di loro sta attento alle spese
per arrivar col denaro ..a fine mese
e scontenti che dell’agio
ne sono privi
non vedono che nel cemento
...son sepolti vivi
Ma credo che quello che
succede adesso
sia l’occasione per rivalutare il progresso
perché con la felicità l’abbiam confuso
.......un po’ troppo spesso
Io non sono né un saggio e né un profeta
ma posso amare soltanto
il nostro pianeta
che con i fiori e gli animali
ci ricorda che in fondo
siam tutti uguali.


L’EPIGRAFE SUALLA TOMBA DEL PASSATO
Finalmente qualcuno ti ha sepellito
Molti vengono qui sulla tua tomba
solo per ricordarti
Ma molti altri credono
che tu sia sempre con noi
non riuscendo a capire
che è solo oggi
che nasce il domani
E come un uomo
che il meglio di sé
lo dà nel ricordo che lascia
a noi, qui sulla tua tomba,
importa solo imparare
da maestra memoria
che non c’è futuro nel dimenticare
ma che è solo nel ricordare
e nel lasciar andare
che facciamo posto all’avvenire
Grazie dunque, Signore lontano
perché nel tuo nome
è svelato il significato del tempo
che non c’è più.


LIBERO DI ESISTERE
Una volta ho aperto un libro
in una pagina qualunque
ho trovato scritto che chi vive alla giornata
non arriva mai al dunque
ho guardato pure in quella dopo
c’era scritto che un sognatore
non raggiunge nessun scopo.
Ho riflettuto molto
sulle frasi di quel testo
e ho concluso che il mio pensiero
è un poco più modesto:
non ambisco ad andare chissà dove
ma ho imparato a lasciarmi andare
in cose sempre nuove
e se in un giorno
concludo poco più di niente
sarà quello dopo
a farmi venire qualcosa in mente.
Aspettando che l’istinto
mi porti avanti nella vita
cammino libero di esistere
tra una discesa e una salita.


'NA COSA VERA
Vado dove
non si può andare
e dico quel che
non si può dire
faccio le cose
che non s’han da fare
e sfido la gente
guardandola male
provocando con gusto
l’umano pensare.
Sembro un profeta o un equilibrista
che vive tra il niente
e quel che gli basta
ma quando la notte
guardo su in cielo
so d’esser per Lui
‘n amico sincero
perché vago nel mondo
tra chi soffre e chi spera
e urlo a chi ascolta
‘na cosa vera.


...PERCHE' LE VELE SANNO DOVE PORTA IL VENTO
Ho navigato in acque freddissime
dove l’unico amico
era il blu
Ho contato le nuvole sopra la mia testa
dopo, quelle dentro la mia testa
fino a quando un gabbiano
mi ha detto che fin che c’è il mare
ci sarà sempre una terra da cercare
Ho aperto le vele e ho atteso il vento
e ho gonfiato il petto per sentirmi uomo
per sentirmi uomo
In quella solitudine
ho capito che prima di essere uomo
volevo essere vivo
e per un attimo ho pensato
di poter riempire tutto quello spazio
solo con il mio pensiero
ma poi un delfino si è affacciato nel mondo
e in quel guizzo
ho sentito quanto può essere dolce il sale
Infine, nel lontano niente
ho scorto la terra
non so se la stavo cercando
e ho provato serena gioia
nel sapere che lei è sempre lì
ma poi ho sentito
che il momento di tornare a casa
non era ancora arrivato.


POETI E PROFETI
Han provato ad insegnarmi
che la poesia può trascurare il contenuto
come se il poeta fosse solo
un esteta
capace di curare solo la forma
Ma allora voglio leggere le sue parole
scritte con la sua mano
perché voglio perdermi
tra i contorti segni del suo tratto
come nella tela di un pittore
Ma non posso credere che sia una regola!
In certi uomini esistono profondità
dalle quali esce un sano bisogno
di parlare alla gente
Non so se siano profeti o poeti.
Nella forma può essere contenuto il contenuto
e il contenuto può aver la sua forma
e se il poeta
non è solo un’esteta
mi piace pensare che bastan due lettere
perché diventi un profeta.


SOLITARIO
Perché cosi solitario?
Chiedo a me stesso e non all’universo
solitario nell’anima
come un misantropo
ma la vita scorre allegra, in fondo
e la compagnia è piacevole anche per me
ma solitario dentro
anche tra gli altri
riuscendo a viverli senza usarli
godendo della mia solitudine
l’unica che riesce a tenermi
compagnia


SOLO QUESTO...
Vedo il mio corpo cambiare
e sento nella mia mente
la voglia di sapere..
..se questo mondo fosse una risposta
quale è stata la domanda?
E se il mondo divenisse una domanda
quale sarebbe la risposta?
Io so solo questo
che la bellezza del mondo
è negli occhi di chi sa vederla
e che se domani vedremo ancora il sole
potrebbe bastare per essere felici.
Potrebbe bastare per essere felici?
...per essere felici
non basta godere
bisogna anche sapere
che si sta godendo
Io non vivo come voi
e parlo la lingua degli Dei
l’ho imparata ascoltando i sogni miei
ma ora che mi sento così solo
ho capito che non sono un uomo solo
ma sono solo un uomo
e se piango o se rido
se prego o se spero
so solo questo
che immenso è il sogno
di veder crescere un uomo
che non conosce bisogno.


SPIEGAMI
Spiegami com’è che i ricchi son tristi
e che i poveri spesso non lo sono
Spiegami perché un povero si accontenta di esistere
e un ricco non si accontenta mai
Spiegami perché c’è gente che dà
e c’è gente che toglie
Spiegami perché c’è gente che spera
e c’è gente che prega
Spiegami perché ho bisogno
di chiederti di spiegarmi la vita
e cosa c’è di tanto difficile in cuore che batte
Spiegami cos’è che sento
quando sento nell’arte e nella musica
che non ci estingueremo mai
E perché c’è gente che sa toccare le corde
che abbiamo dentro
e c’è gente che dentro non ha proprio niente
E dove finisce la gioia e la speranza di un bimbo
se da grande impara a fare la guerra
Ma contro cosa poi
se questa notte ho sentito in poche note
un’immensità che non si spegnerà mai...
...che sia proprio questa
la tua risposta?


SU UN MURO
Dettami una poesia
fammi sentire ancora
la tua voce,
la mia penna vuole correre ancora
su questo foglio
perché tutte le parole
che ho scritto
son sempre andate più lontano di me,
portando con loro
ciò che di più caro avevo.
Ho scritto su un muro
che non basta un ricordo
per pensare d’aver vissuto.
Non vivo se non ho una speranza
non cresco se non ho un’esperienza
e mi chiedo a cosa lascia il posto
la mia gioventù che se ne va,
se dietro una ruga c’è ancora tristezza.
Vorrei imparare dal Sole
a splendere sempre
perché ho letto su un muro
che non basta un sorriso
se non è un sogno
ad illuminare un viso.


VORREI
Vorrei riuscire ad includere in un solo concetto
tutto ciò che esiste
perché se non posso volare
lo posso immaginare
Vorrei sparare da una pistola di saggezza
proiettili di parole sorde
perché non sentano l’ignoranza che colpiscono
Vorrei riuscire a dirne poche di parole
vorrei che fossero solo quelle giuste
solo a chi amo davvero
e a tutto il resto del mondo
vorrei riuscire a sorridere sempre
come fa il mio cuore quando guarda al futuro
Vorrei sentire ogni tanto
una mano su una spalla
e una voce che mi dice che va tutto bene
perché non posso credere di essere il solo
a crederci fino in fondo
Vorrei perdermi nel ventre di un arcobaleno
e cercare sotto i miei piedi la sua ombra
perché la sua meraviglia deve lasciare un segno...
...da qualche parte
Vorrei imparare dal vento ad accarezzare il mondo
e dal male ad ignorare i cattivi
Vorrei sapere chi ha scritto il mio nome
sul muro della speranza
e chi l’ha cancellato invece
da quello dell’ignoranza
Vorrei arrivare all’ultimo piano della mia libreria
senza il bisogno di una scala
e vorrei averla una scala
per arrivare ai piani più alti della conoscenza
Vorrei che tutte le parole
venissero lette senza applausi per gli autori
perché la conoscenza è ai primi posti
nella mia scala dei valori.


UN POETA E UN PO’ NO
(Bravo in qualcosa)
Mi sto trasformando in me stesso
Mi son chiesto chi sono
ma non ha risposto nessuno
Eppure dentro
sento spingere molte cose
Mi piace stare lontano dal branco
forse perché amo osservare
e anche perché
mi hanno insegnato
a non avere bisogno di nessuno
Però
vorrei sentirmi bravo in qualcosa
perché sono stanco di esistere soltanto
Han provato ad insegnarmi il lavoro
ma nel lavoro
ho impiegato tanto del mio tempo
per capire che non voglio
impiegare tanto del mio tempo
nel lavoro
ma
vorrei sentirmi bravo in qualcosa
Vorrei che gli sforzi di cui sono capace
portassero solo gioia
Vorrei che dalla mia natura
uscissero i frutti migliori
Vorrei riuscire a vivere per quel che sono
e non per quel che faccio
vorrei che quel che faccio
fosse la proiezione di quel che sono
e che per questo
potessi trovare nella terra
il mio nutrimento
come fanno le piante
Io sono un poeta
e un po’ no
altrimenti sarebbe poesia sempre
e invece spesso
lotto contro il mio ego
che mi fa sentire bisogni che non vorrei
come quello
di sentirmi bravo in qualcosa.


CHIEDIMELO
Vuoi sapere se passerei tutta la mia vita con te?
chiedimelo.
su, avanti, oggi chiedimelo.
ti risponderei di no
potresti ancora chiedermelo domani
e ancora ti risponderei di no
potresti chiedermelo ogni giorno
per i prossimi cent’anni
e ogni giorno la risposta
sarebbe sempre la stessa
No:
non passerei tutta la mia vita con te!


UNO DEI GIORNI MIGLIORI DELLA MIA VITA
Uno dei giorni migliori
della mia vita
è stato quando ho imparato a leggere
Poi c’è stato il giorno in cui
ho imparato a scrivere
e come tanti
ero solo un bambino
Poi c’è stato il giorno in cui
ho iniziato a capire a fondo
ciò che leggevo
e come tanti
ero solo un uomo
Poi c’è stato il giorno
in cui ho desiderato
scrivere
per far capire ciò che sentivo
e come per pochi
era solo un sogno
Poi c’è stato il giorno in cui
ho deciso
che se mai davvero
avessi avuto un talento
lo avrei messo a disposizione
per condividerlo
e anche quel giorno
è stato uno dei migliori
della mia vita.


AI CONCORSI
Ai concorsi
partecipa chi non è sicuro
di essere il numero uno
quindi ambisce al primo premio
per confermarlo
Io sono sicuro
di non essere
il numero uno
quindi
cosa partecipo a fare?
Però
mi piace pensare
che se un giorno
fossi ricordato tra i Grandi
potesse essere anche
grazie a questo pensiero.





RACCONTI


DITA

Sempre, sempre con me sarà il ricordo. Un tatuaggio che si cancellerà con la fine dei miei giorni.
Eppure sento che non è così: talmente intensa è la vita, a volte, che non può lasciare che ci si
dimentichi di lei. Qualcosa della mia memoria rimarrà nell’universo. Come il mare che accoglie i
fiumi, e mescola frammenti di terre lontane, così deve esistere una dimensione dove si uniscono
tutti i ricordi belli e rimarranno sempre lì, a riempire i cuori. Come il sole che ci scalda, come la
pioggia che ci disseta, anche se non chiediamo loro di farlo, quell’entità magica fatta di emozioni
nutre le nostre anime. Discreta e umile ci dà il senso della vita, ci fa vedere nei colori di un
tramonto il valore dei sogni. La prima volta che la vidi stava seduta sul suo sgabello. Rubavo la sua
immagine da una finestra. La melodia del suo strumento mi aveva rapito e accompagnato a lei. Quel
pomeriggio passavo da lì, ma non sapevo che avrei scoperto l’amore. La collina era completamente
verde e il vialetto che portava alla scuola solcava un manto di minuscole margherite. I peschi,
fiorendo, promettevano dolci frutti. Un gatto dormiva all’ombra di una siepe e i ragazzi riempivano
l’aria di allegre grida. Ma lei era in quella stanza e solitaria studiava un modo per esprimere la sua
natura. Le sue dita sfioravano i tasti e il pianoforte rispondeva in musica la sua gratitudine. Sotto le
sue mani, maestosamente, sembrava prendere vita e come ogni essere che vibra, le sue note
sussurravano la forza della propria esistenza. Lui viveva grazie a lei e l’aiutava a trasformare in
suoni le sue emozioni. Come può un oggetto sembrare vivo? Eppure le sue dita riuscivano a
stimolare, come carezze, la voglia di vivere. Simbiotici tanto da sembrare una sola cosa. Non avrei
mai creduto di notare tutte questo in solo istante. Ma credo che lei fosse la poesia che fa nascere i
sensi perché proprio questi mi urlavano nel petto, all’unisono, il sapore di ciò che vedevo e udivo.
Io stesso mi sorpresi di provare tanta grazia ma era lei ad averne i meriti. Nel suo vestitino
semplice, arrotolato sulle morbide cosce, con i capelli lunghi e lisci che si muovevano appena,
mossi da un soffio che non riusciva a smettere di girarle intorno. I suoi piedi nudi appoggiati ai
pedali mi suggerivano la sua voglia di toccarlo. Si vedeva che ogni centimetro della sua pelle
bramava dalla voglia di trasmettergli tutta la melodia che sentiva dentro. Sentivo forte anch’io la
sua voglia di farlo sussultare di piacere e si capiva che se avesse potuto avrebbe cercato di farlo
suonare con tutto il suo corpo. Se avesse potuto si sarebbe spogliata e completamente nuda, si
sarebbe sdraiata sui tasti. Nel gioco amoroso gli avrebbe parlato di se e come un orgasmo la
melodia sarebbe uscita dalla sua coda. Ma ogni gioco ha le sue regole e le sue dita bastavano a
farmi vedere l’amore che riempiva quella stanza. Avrei voluto essere al posto del nero e lucido
pianoforte e provavo anche un poco di gelosia perché sapevo che non mi avrebbe mai potuto amare
in quel modo. Loro erano le due metà del sogno di una Dea e io ero come un poeta che soffre al
cospetto della bellezza, perché sa che non ne farà mai parte ma la può solo raccontare.
Stavo in disparte ad ammirare, e potevo vedere il suo profilo. I delicati lineamenti mi svelavano la
metà dell’estasi che provava. I suoi occhi non si erano ancora schiusi e il capo ondeggiava seguendo
la linea sinuosa delle note. Stavo per andare via, lontano dalla cosa più bella che avessi mai visto.
Volevo solo portare via il ricordo e farlo diventare indelebile ma in quell’istante la brezza che
attraversava le finestre riuscì a muoverne una e la fece urtare contro il muro. Il sordo tonfo fece
trasalire quella creatura che si girò verso di me. Mi sentii colpevole di aver violato il loro idillio ma
le sue dita continuarono a percorrere i tasti che improvvisamente mi sembrarono i denti di un
sorriso. I nostri sguardi si unirono e lei capì quanto forte e profonda fosse la mia attenzione. Mi
sorrise anche lei e non smise più di guardarmi. La melodia continuava ad uscire da quella
meravigliosa coda e in quel momento capii che forse mi ero sbagliato. Non mi sembrava più
irraggiungibile come poco prima. Sembrava felice di vedermi come se mi stesse aspettando. Come
se stesse aspettando qualcuno per cui suonare, qualcuno che avrebbe gioito davvero di quel dono. E
io non potevo fare altro che desiderare ciò che mi apparteneva già perché ora le sue dita si
muovevano per me. Ne ero sicuro. Le sentivo quasi sul mio corpo come se ne esplorassero la forza.
Erano avide di sentire la carne di un uomo e la mia pelle non desiderava altro che farsi toccare. I
pochi metri che ci separavano avevano perso il loro valore e la sentivo vicina con tutta la sua esile
forza. La musica continuava ad accompagnare il nostro incontro. Mi sentivo impotente, avrei voluto
darle anch’io un’emozione, ma potevo solo lasciarmi avvolgere da quella meraviglia. Il pianoforte
non mi pareva più un rivale ma un amico che mi parlava di lei. Io ero l’uomo che la desiderava,
nella magia di un incontro che non dava spazio alle domande. Le sue mani, la sua pelle, la sua
bocca e il suo dolce sguardo riempirono da quell’istante tutta la mia vita. Le sue dita, su quei tasti,
mi raccontarono tutto di lei. Ed io, per la prima volta, mi innamorai. La sua musica mi ringraziava
di aver saputo cogliere la sua fragile anima e capii che la mia passiva estasi era per lei l’emozione
che avrei voluto darle.



IL COMPLEANNO

Nel buio mi sveglia un suono. Lo riconosco, è il mio cellulare. Come può essere, sono sicuro di
averlo spento, lo spengo sempre prima di dormire. Squilla ancora, ho ancora gli occhi chiusi, lo
cerco a tastoni con la mano, me lo porto davanti alla faccia e apro un occhio per vedere chi è. Il
numero è nascosto. Rispondo. Al di là, mi parla una voce di un uomo, è una voce strana, non saprei
spiegare, lontana, anche se la sento perfettamente. Mi dice che devo andare in un posto, subito. Non
mi viene in mente nessuna domanda, gli dico solo che mi ci vorrà un po’ di tempo. Dice che è
d’accordo e inizia a spiegarmi dove devo andare. Mi dice il nome di una strada, è vicino a casa mia.
La devo percorrere fino alla rotonda, in quel punto devo girare a destra fino al ponte della ferrovia,
devo passarci sotto e continuare diritto fino al dosso, subito dopo c’è una stradina a sinistra, devo
entrarci, andare diritto e sono arrivato. Bene, gli dico, è vicino a casa mia, vengo prima che posso.
Mi alzo dal letto, mi vesto ed esco. In auto mi sento solo, accendo la radio ma mi sento ancora più
solo. Percorro la strada ricordando le indicazioni, non mi impegno molto, non serve, la zona la
conosco benissimo, quindi vado avanti un po’ meccanicamente, solo l’ultima stradina a sinistra non
ho ben presente quale sia ma mi basta sapere che è subito dopo il dosso. Ci arrivo sopra, passo di là
e la vedo, non ci avevo mai fatto caso. Giro a sinistra, è stretta e diritta, vado avanti. A senso avrei
detto che si sarebbe fermata poco dopo, invece lentamente si allarga e ai lati ci sono delle case e dei
palazzi. Man mano che vado avanti mi ritrovo in un quartiere con strade, palazzi e negozi che non
conosco affatto. Sono a cinque minuti da casa mia, nella città dove sono nato ma quel posto io non
lo conosco. In più ora c’è il Sole, diritto davanti a me, ora c’è il Sole. Questo posto è molto strano,
non c’è nessuno in giro, non ci sono auto ne in circolazione ne parcheggiate, tutto quanto sembra
essere ricoperto da una sottile e finissima polverina azzurra che rende tutto perfetto. Capisco di
essere arrivato, mi accosto al marciapiede e mi fermo, spengo l’auto. Mi guardo un po’ intorno poi
scendo. Faccio due passi. Le mie scarpe, camminando, non fanno nessun rumore. Quella polverina
azzurra ovatta il selciato, ad ogni passo ne sollevo piccole quantità in minuscole nuvolette. Ho
voglia di fumare, prendo una sigaretta e cerco l’accendino. Non funziona. Quindi mi guardo intorno
un’altra volta ma non vedo niente di aperto. Faccio qualche passo verso l’incrocio per vedere la
strada perpendicolare. Fortuna forse ma in quella strada, lontano qualche decina di metri, scorgo
l’insegna gialla di un tabacchino che spicca sul marciapiede. Dunque mi ci avvicino, entro. Dietro al
bancone c’è un uomo girato di spalle intento a riordinare cose nello scaffale. Mi sente entrare e si
volta. E’ incredibilmente vecchio, mi sorride molto gentilmente, non mi da il tempo di parlare che
la sua mano tremolante mi porge un accendino. Lo guardo stupito, lo osservo, è leggermente ricurvo
su se stesso ma la sua fibra è ancora forte. Mi incoraggia con un lieve movimento della mano a
prendere l’accendino. Lo afferro e lo guardo. E’ giallo con disegnato sopra una torta con delle
candeline. Gli chiedo quanto devo pagare. Mi sorride e mi dice che quando si ha bisogno di
qualcosa e proprio in quel momento arriva, è una cosa che non ha prezzo. Lo ringrazio ed esco.
Ripercorro la strada al contrario. Improvvisamente sento una sete fortissima. Continuo a camminare
e al mio fianco vedo la porta gialla di un bar che poco prima non avevo visto. Dentro c’è molta luce,
anche se fuori c’è il Sole. Entro. Una bambina sta dietro al banco e sta lavando dei bicchieri. É
bellissima. Appena mi vede entrare si volta, prende un bicchiere e lo appoggia sul bancone davanti
a me. E’ una spremuta di limone, proprio quello di cui avevo bisogno. Mentre mi disseto mi guardo
intorno. Il bar è vuoto. Ci sono dei tavolini che sopra hanno il segno di una festa finita, bottiglie
vuote, altre mezze piene, tovagliolini sporchi e accartocciati, piattini di plastica gialli dentro i quali
ci sono tracce di una torta. In terra, tra le seggiole disordinate e i tavolini, è la stessa cosa,
tovagliolini, bottiglie, piattini e pezzi di torta. Alle pareti e al soffitto sono appesi festoni, uno
augura buon compleanno a qualcuno, una bambina forse. Finisco la mia spremuta e appoggio il
bicchiere sul banco. La ragazzina mi sorride e mi dice che è stata una bella festa, mi dice anche che
è un peccato che io non c’ero. Le sorrido anch’io però sono un po’ triste e le chiedo quanto devo
pagare, mi dice che quando si ha bisogno di qualcosa e proprio in quel momento arriva, è una cosa
che non ha prezzo. La ringrazio e la saluto ma non so perché sono sempre più triste. Esco. Fuori,
davanti a me, c’è sempre il Sole. Cammino sul marciapiede verso la mia auto. La polverina azzurra,
ad ogni mio passo, si solleva in minuscole nuvolette. Arrivo all’incrocio e vedo la mia auto. Mi
accorgo che è gialla e mi stupisco di non averci mai fatto caso. Continuo a camminare verso di essa
e man mano che mi avvicino intravedo qualcuno seduto dentro, dal lato del passeggero. Apro la
porta e mi siedo al mio posto. L’uomo che sta al mio fianco guarda diritto davanti a sé. Io aspetto.
Poi si gira verso di me e mi dice che oggi è il compleanno di mia figlia. Mi giro verso di lui e gli
rispondo che io non ho figli. Mi guarda. Ha l’aria serena come di chi sa aspettare l’arrivo di
qualcosa di buono. In quel momento la sento arrivare. Arriva da dentro di me come la lava spinta
dalla forza della Terra. E’ la tristezza più profonda che abbia mai provato e ancora più triste è
sapere improvvisamente che è sempre stata laggiù, dentro di me. Non riesco a trattenermi e scoppio
a piangere. Quell’uomo mi sorregge e capisco che senza di lui non ci sarei mai riuscito, da solo, a
tirarla fuori. Piango. Piango fuori tutto. Piango fuori tutto il nulla che mi ha sempre riempito.
Piango fino a quando il Sole, girando tra le case, arriva davanti a me. Lentamente singhiozzando
smetto. Smetto di piangere. Respiro la luce. Quell’uomo parla ancora e mi dice di andare. Mi dice
di ritornare a casa. Io lo ringrazio come fosse il padre che mi ha dato la vita. Poco dopo sono sul
dosso, poi passo sotto il ponte della ferrovia, arrivo alla rotonda e giro a sinistra. Percorro quella
strada fino a casa nostra. Tutto ciò che vedo, ormai, mi è familiare. Apro la porta ed entro in casa.
Dentro c’è solo il silenzio ma non è più tristezza, è solo riposo. Apro la sua porta e la guardo
dormire. Vedo i suoi sogni, per la prima volta. Scopro che una vita non vive se ha la morte nel
cuore. Mi siedo sul suo lettino e le accarezzo i capelli. Lei dorme ancora e le dico che se sono stato
lontano è solo perché avevo paura. Avevo paura di amare. Mi avvicino al suo orecchio e dalla
profondità dentro di me, dalla quale è uscita tutta quella tristezza, finalmente sento liberarsi
qualcosa e le dico
- Buon compleanno amore mio. –
In quel momento, una mano mi si appoggia su una spalla, mi giro e vedo la madre di mia figlia. In
mano ha una torta al limone, la sua preferita. Sopra ci sono sette candeline e mi chiede
- Perché non le accendi tu?-
Prendo dalla tasca l’accendino giallo con disegnato sopra una torta e le accendo e lei mi dice
ancora
- Quando si ha bisogno di qualcosa e proprio in quel momento arriva, è una cosa che non ha
prezzo.-
Prima di svegliare mia figlia, ripenso alla ragazzina del bar e a quello che mi ha detto. Alla festa di
mia figlia, ora ci sono. Ora ci sono.



L’ESPLOSIONE DEI SENSI

Il rombo squarciò il delicato brusio che la vita regalava ogni giorno nella valle, improvvisamente
uccellini cicale, grilli e la leggera brezza estiva che agitava le chiome dei faggi, sembravano
emigrati chissà dove. La motocicletta saliva veloce la stradina dell’altro versante, alzando una fosca
nube, tardiva nel dissolversi, come a firma di un passaggio inconsueto e inaspettato. La sua
attenzione fu subito catturata come quella dei cani che furono immediatamente messi in allarme,
Ebe spostò uno dei candidi drappi che lei stessa aveva appena steso al caldo sole di luglio e seguì a
vista il temerario centauro. La lontananza non era sufficiente per impedirle di notare la gioventù e la
prestanza fisica del pilota che conduceva con coraggiosa sicurezza quelle due ruote. La motocicletta
si fermò all’ombra della grande quercia a metà costa dell’antistante collina. Ebe fu subito preda di
quell’ intrusione come una falena alla lanterna. Effetto contrario fece a suo padre che le si avvicinò
dal fienile con il forcone ancora in mano e studiando con cipiglio il pericolo le chiese :- Hai finito
con il bucato?-
- Si papà con questo caldo sarà presto asciugato.-
- Va’ in cucina e vedi se tua madre ha bisogno di aiuto.-
Ebe si allontanò ubbidiente ma si girò più volte a guardare, quel ragazzo era là seduto ai piedi del
grande albero e suo padre lo scrutava preoccupato appoggiato al suo attrezzo. Sua madre le indicò
le zucchine nel colabrodo, la pentola brontolava impaziente, Ebe armeggiava il coltello distratta dal
vigore dei suoi sedici anni compressi e racchiusi nella rigida cultura rurale e per la prima volta sentì
forte l’impulso di scoprire il resto del mondo dal quale proveniva quello sconosciuto. L’invasore
allagò i suoi pensieri con fantasie di adolescente e niente per lei poteva essere più attraente di un
giovane e la sua motocicletta che corrono liberi, un’immagine dirompente nella giovane mente, una
nuova consapevolezza che si opponeva al lento scorrere quotidiano, e mai fino a quel momento la
sua vita le sembrò così noiosa.
- Ormai sei una donna bambina mia, in cucina hai imparato quasi tutto, ma ci sono molte cose che
ancora devi scoprire e tuo padre questo lo sa bene quanto me, ma forse lo spaventa molto di più e
poi per come ti ama per lui sarai sempre una bambina, io non posso oppormi ma sapevo che prima o
poi sarebbe arrivato questo momento.-
Non le aveva mai parlato così sua madre, ne fu allo stesso tempo confusa e compiaciuta, se
improvvisamente si era sentita smarrita dalla forza della vita, l’inaspettata complicità materna
rassicurava il suo delicato equilibrio nel percorso verso l’esplosione dei sensi. La piccola valle fu
nuovamente scossa dalla scoppiettante motocicletta che insieme al sole salutava tutti e sembrava
quindi che anche il centauro promettesse di tornare, la cena era quasi pronta, Ebe corse nella sua
stanza in preda ad una tempesta emotiva, aveva paura di non vederlo mai più. Sentiva una strana
euforia che la faceva piangere e ridere allo stesso tempo, si chiuse a chiave e dietro ad un
irrefrenabile impulso si svestì completamente. Il grande specchio fu complice del proibito gioco che
condusse Ebe a impadronirsi di se stessa, la fedele immagine che restituiva aiutava la giovane
donna a godere delle sue nudità. Sentì per la prima volta il suo corpo vibrare sotto le sue stesse mani
che delicatamente ne sfioravano le curve, i suoi seni non conoscevano gravità come appesi ad un
filo immaginario; una mano era occupata a soppesarne le rotondità mentre le dita dell’altra
inturgidirono un capezzolo alternando una dolce pressione ad un deciso pizzico procurandosi un
brivido che piano piano si tradusse in un languido piacere. Lo specchio soltanto si accorse del
pallido viso, nei suoi delicati lineamenti, che subiva l’influenza della pervadente carica erotica: lo
sguardo si perse nelle fantasie più audaci che avesse mai osato immaginare, il giovane motociclista
ne era più che il protagonista, era un desiderio bramoso; le narici si dilatarono a ritmo del crescente
respiro, come anche a cercare istintivamente nell’aria l’odore del suo maschio; le labbra, desiderose
di assaporare il gusto dell’amore, si gonfiarono lasciando intravedere la freschezza della sua bocca.
Una mano scese lenta lungo il piatto ventre e lì si fermò, dove una donna diventa madre, sentiva
forte la responsabilità dei suoi nuovi desideri, regalando un inconsapevole merito alla rigidità
paterna, ma la vita stava chiamando a gran voce riportandola subitamente all’abbandono dei sensi.
Il sublime incantesimo fu interrotto dalla voce della madre che la convocava a tavola.
Il giorno dopo trascorse al solito tra le faccende domestiche ma Ebe da quel momento recitò la
quotidianità dei giorni passati, il suo sguardo ora era diverso come lo era il suo modo di camminare
e la nuova percezione del mondo e di se stessa, si vedeva anche da come sfiorava tutte la cose che le
sono sempre appartenute, l’orizzonte non era più una cornice ma il luogo dove andavano i suoi
sogni, e l’improbabile certezza di riudire quel rombo, le rendeva l’attesa serena e stimolante.




LA PAROLA

La sua era una vita di silenzi. Scriveva poesie ma le leggeva soltanto al suo coniglio. La sua casa
era fatta di una stanza sola, in mezzo ad un prato. Conosceva poche cose ma parlava ai fiori. Ogni
mattina ringraziava la luce che gli permetteva di vedere il mondo. A volte ricordava di quando era
bimbo e di quanto forte era quella cosa che gli entrava dentro quando guardava gli ultimi raggi
illuminare una collina. Ricordava anche di quando accarezzava una bestiola e di come credeva che
l'amore che passava dalla sua mano potesse arrivare a tutti gli animali del mondo. A volte poche
note lo facevano piangere e di questo si vergognava, non sapendo che un giorno avrebbe capito. Da
adulto era ancora così: semplice come un sorriso, fresco come un ruscello, leggero come il mondo,
che da sempre galleggia nel niente. Lui era proprio questo: era tutto in mezzo al niente ma ancora
nessuno lo sapeva, nemmeno lui. Si domandava come facessero tutti gli altri a non vedere le cose
che vedeva e perché sprecavano il loro tempo a sopravvivere quando si poteva vivere. Per lui la vita
era una fiamma che scalda l’inverno, la brezza che rinfresca l'estate, la pace nel silenzio e la voglia
di correre. Per lui sogno e realtà erano la stessa cosa.
Una notte però, fece un sogno strano, al mattino qualcosa era cambiato. Rimase seduto tutto il
giorno su di un sasso a pensare. Fino ad allora non aveva sentito il bisogno di niente, la sua vita gli
sembrava completa così com’era e così era davvero, ma da quel giorno, dopo il sogno, non fu più
così. Ma ancora non capiva bene. Nel sogno aveva sentito la sensazione di una cosa che
semplicemente doveva arrivare, percepì un naturale cambiamento del quale ancora non ne
conosceva le sorti. E questo era proprio il motivo che lo faceva pensare perché anche se era
incomprensibile, gli sembrava molto naturale. Nel sogno vide milioni di mani che scrivevano una
parola, non era molto lunga, ma doveva essere molto importante. Le lettere le conosceva tutte ma il
significato che prendevano, una al fianco dell'altra, non lo conosceva. Ma già da subito aveva
sentito in quelle lettere una forza misteriosa. Al mattino non capiva ma sentiva che tutto era
meravigliosamente giusto e che non poteva essere altro che così. Alla fine di quel giorno non
sapeva ancora minimamente cosa fare, gli venne in mente di prendere un foglio e di scrivere quella
parola. La ricordava bene perché ancora non sapeva che non solo non si poteva dimenticare, ma che
ognuno la conosce da sempre e se nessuno la ricorda é perché tutti dimenticano di saperla. Ma
questo ancora lui lo ignorava. La lesse una volta, nella sua mente, e successe qualcosa di
potentissimo: una gioia immensa lo attraversò sconvolgendo tutte le sue fibre, cadde a terra e per
poco non perse i sensi. Quando si riprese si stupì di non essersi spaventato ma del resto non avrebbe
potuto perché nulla di pericoloso gli successe. Tuttavia non trovò spiegazione. Un istinto gli suggerì
di leggerla ad alta voce e quello che accadde fu talmente straordinario che non sarebbe mai riuscito
a spiegarlo a nessuno. Una volta che la parola fu pronunciata, tutto quello che vide, intorno a lui, gli
sembrò bellissimo, talmente tanto che si mise a piangere. E non era altro che la sua casa, la sua
umile e povera casa che già lui amava moltissimo. Come un cucciolo che si scotta il naso sulla stufa
accesa, capì che la parola non doveva essere letta nella mente, ma ad alta voce, ma il vero
significato di questo ancora gli era distante, capì solo che se la leggeva ad alta voce la gioia
immensa era la stessa che aveva provato poco prima ma così facendo si riversava su tutto quello che
gli stava intorno non implodendogli dentro. Ne rimase stupefatto ma al tempo stesso gli sembrava
ancora una volta che tutto era talmente normale e naturale come il mondo. Uscì fuori e la urlò alla
sua terra e il tramonto in lontananza, da dietro le colline, lo avvolse con i suoi meravigliosi colori.
Gli animali gli vennero incontro e ognuno con il proprio modo, gli mostrò gratitudine. Fu per lui
un'emozione fortissima e si innamorò ancora di più di tutto ciò che esiste. Intuì ciò che avrebbe
dovuto fare e senza esitare, decise di partire per la città vicina. Il giorno dopo sarebbe andato nel
mondo e avrebbe urlato la parola a chiunque avesse incontrato perché una simile gioia doveva
essere condivisa, questo era quello che cominciava a capire.
Il nuovo giorno splendeva in un sole magnifico. Salutò la sua casa e i suoi animali e partì. Quando
arrivò cercò una piazza piena di gente e iniziò ad avvicinare le persone e a sussurrare la parola
vicino ai loro volti. La delusione fu terribile. Le persone lo guardavano come fosse pazzo e lo
scansavano. Inizialmente non capiva il motivo di questo, la sua gioia nel pronunciarla era la stessa
di quando si trovava nella sua casa, nella sua terra ma nelle persone trovava un muro arido che la
rimbalzava indietro, trasformandosi in tristezza. Non capiva. Soffriva di questo perché aveva
creduto che anche le persone potessero essere sensibili come lui e gli animali. Ma non si scoraggiò,
iniziò ad urlarla. Si mise a correre ed a urlare la parola in modo che tutti potessero sentirla ma non
successe niente. L'effetto era che qualcuno lo allontanava come fosse un pazzo o un maniaco, altri
si fermavano ad osservarlo e lo deridevano. Per tutti era un povero disgraziato sofferente di una
qualche patologia che semplicemente voleva attirare l'attenzione. Per lui lo sgomento si fece
insopportabile e se qualcuno, sui suoi passi esitava, lo afferrava per le braccia e gli urlava e gli
chiedeva come facesse a non capire. Ma quelle persone si liberavano dalla sua presa e fuggivano
spaventati. Allora gli venne in mente di scriverla, si procurò il necessario e iniziò a scriverla su ogni
muro. Ogni parete che incontrava la ricopriva con la scritta. Anche di questo la gente rimaneva
insensibile e restavano a guardarlo con aria interrogativa. Ma lui non si arrese, continuò ad urlarla e
a scriverla per molto tempo. L'intera città presto fu coinvolta ma in nessun volto che guardasse
vedeva altro se non il vuoto. La sua passione si trasformò in frenesia, si arrampicò ovunque poteva,
continuando a scriverla ed a urlarla, ma davanti, sotto e sopra di lui, i volti erano tutti uguali: vuoti
come la tristezza. Quando fu in cima ad una ripida scalinata, in un movimento brusco, mise male un
piede e perse l'equilibrio, cadde rotolando per tutti i gradini e finì in fondo alla scalinata su di una
piazza. Era ferito mortalmente. La gente si fermò tutta ad osservarlo. Una madre, poco lontano,
teneva per mano la piccola figlia. La bimba le scappò e corse da lui, si intrufolò tra la folla e la
madre la rincorse spintonando le persone. La bimba raggiunse l'uomo sdraiato e morente, gli si
inginocchiò vicino con in volto un bel sorriso. Lui le prese la mano e pronuncio la parola per
l'ultima volta e quella fu l'ultima parola che disse. La bimba sorrise ancora e pronunciò la parola per
la prima volta e quella fu la prima parola che disse. La madre arrivò su di lei proprio in quel
momento e udì la piccola dire qualcosa ma non capì. Allora chiese alle persone vicine che cosa
avesse detto e tutti quanti insieme pronunciarono la parola.
Il tempo si fermò e accompagnò un uomo al suo riposo.
La madre abbracciò la piccola e scoppiò a piangere. La gente che aveva detto la parola provò una
gioia immensa e inaspettata. I loro cuori si aprirono e sentirono la voglia di ripeterla ancora. Si
voltarono indietro, verso le persone più distanti e pronunciarono anche a loro la parola.
Quelle persone vennero avvolte dalla stessa gioia e a loro volta si girarono e pronunciarono la
parola ad altre persone ancora, e così via. Da quel giorno tutta la gente iniziò a pronunciare la parola
e successero le cose che il mondo aspettava da sempre. Scesero sulla terra l'abbondanza, la pace e
l’amore per tutti e in quella piazza venne eretto un monumento che per la prima volta fu dedicato ad
un uomo semplice.




BELLA

Vagavo nella notte per la città sulla mia Y10 sfinita e sentivo una gran voglia di esagerare, notai da
solo che il mio stato d’animo era assurdo, guidavo flemmatico e cogitabondo girando a caso negli
incroci ma dentro mi sentivo agitato, cattivo, pericoloso, diverso, perduto e con voglie di una tale
bassezza che una mente come la mia teoricamente dovrebbe impegnarsi a immaginarle e invece
venivano su spontanee come se fossero state sempre lì, e forse era proprio così. Non ero affatto
turbato da questa estensione distruttiva, la percepivo come un’onda di energia ma sapevo bene che
poteva condurmi in qualche casino. Improvvisamente i fari di un’auto, che marciava in senso
opposto, illuminarono un filare di alberi che costeggiava la strada. Non so come ho fatto a scorgere
quella figura. Mi girai di scatto e la luce stava ancora illuminando una minigonna rossa. Era
talmente corta che sembrava prendesse per il culo. Sotto, due magnifiche gambe si infilavano in un
paio di volgarissimi stivali scuri. Un pellicciotto bianco, corto in vita, copriva il resto, tranne una
testa di capelli biondi, lunghi e lisci. Era una puttana. Anche se la luce l'aveva illuminata solo per un
attimo, l'avevo vista bene, era un gran pezzo di figa. Al primo incrocio feci inversione e mi
precipitai verso di lei, sperando che non la caricasse nessuno. Quant'era che non andavo a puttane,
avevo smesso, avevo smesso da un po' con quelle stronzate. Mi era capitato spesso in passato,
quando vagavo per la notte ubriaco, di caricare una di quelle ragazze. Le sceglievo tra le più belle,
perché se dovevo pagare doveva essere davvero bella. Mi son sempre chiesto chi cazzo poteva
andare con quelle brutte, perché ce n'erano di cessi sui marciapiedi. Le auto davanti a me
rallentavano tutte per ammirare quella ragazza ma nessuna, fortunatamente, si fermò. Le inchiodai
davanti e abbassai il finestrino. Rimasi li a fissarla, era bellissima, ma era giovanissima, troppo
giovane per essere lì, troppo giovane per desiderarla. Masticava un chewgum e mi esplose una gran
bolla dentro l'auto. Mi chiesi come mai tutte le puttane del mondo masticano la gomma, forse le
regalano con qualche marca di preservativi, chi lo sa, magari con quelli alla frutta. Ero ancora li a
guardarla e nei suoi lineamenti scorsi qualcosa di familiare, avevo la sensazione di averla già vista.
“Come ti chiami?” “Mi chiamo Bella, sono trenta, andiamo?” Disse impaziente. Occhi da bimba,
anche se truccati non ingannavano, corpo magnifico, bianca come il latte. Dal pellicciotto si
intravedevano le sue tettine strette strette in un “push up”, una di quelle diavolerie che strizzano
quel poco di seno cercando di farlo diventare più grande. Ma non funzionava molto con lei, era
ridicola. Si accorse che guardavo lì ma non capì che non ne ero affatto attratto. Abbassò un poco la
cerniera del pellicciotto e mise in mostra quella miseria. “Copriti per piacere!” Non si aspettava che
reagissi così, mi osservò un attimo. Non conosceva neanche la magia di uno sguardo di seduzione e
il suo contrario. Qualcuno deve averla istruita. Per lei essere guardata da un uomo doveva avere un
valore solo e non poteva essere altro che così, perché non capì che io invece ne fui quasi inorridito.
Stavo quasi per andarmene quando dallo specchietto vidi un'auto che si fermò dietro la mia.
L'avrebbero sicuramente caricata. Improvvisamente mi si strinse il cuore. Ma come era possibile,
era solo una bambina. Riguardai lo specchietto. “Allora? Andiamo?” disse. “Sali” Non so cosa mi
prese ma improvvisamente un istinto mi obbligò a portarla via di là. Seduta nella mia auto mi
sembrò ancora di più una bimba. Cominciai a provare paura, stavo rischiando grosso. La piccola mi
indicò un percorso verso un luogo nascosto. Era pratica e mi dirigeva con una sicurezza che mi
turbò non poco. Non avevo la minima idea di che cosa avrei fatto ero frastornato e confuso. Destra,
sinistra, passammo in mezzo a dei campi poi un ponticello, una vecchia casupola. “Ecco, fermati là,
sotto quell'albero.” Obbedii, spensi il motore. Frugò dentro la sua borsetta e ne tirò fuori un
preservativo e un pacchetto di fazzolettini di carta. Armeggiò con la leva e abbassò il sedile. Ero
profondamente avvilito, così giovane e così esperta. “Che fai non ti spogli?” “Quanti anni hai?”
“Ho 18 anni” rispose seccata. “Non è vero, non mi prendere per il culo!” “ Ma che cazzo vuoi, vuoi
scopare o no?” Le strappai la borsetta dalle mani. “Fammi vedere un documento.” Urlai. Fece
resistenza ma vinsi io. “Ridammela stronzo!” Mi si rovesciò tutto sulle gambe, tentò di riprendersi
tutto ma agguantai il portafogli. Lo tenevo stretto mentre urlava. Le afferrai le mani e la obbligai a
stare ferma. Si mise a piangere. Con una mano la tenevo schiacciata contro il sedile e con l'altra lo
aprii. Non è stato facile, la piccola si dimenava ancora. Non trovai altro che dei contanti ma mi
venne in mano una fotografia. Era una donna. La osservai. “Hei, ma questa io la conosco.” “E' mia
mamma, ridammela.” Sua madre? Ebbi un capogiro, Mavie era sua madre? L'avevo incontrata tanti
anni fa. Era bellissima, mi ero innamorato perdutamente di lei. Avevo tentato di aiutarla perché si
drogava. Come soffrii in quel periodo. Quanta bellezza sprecata, ricordo che pensavo. Poi un giorno
scappò e non la rividi mai più. Lasciò una ferita che forse non mi si è mai rimarginata, anche perché
sapevo che non poteva essere al sicuro lontano da me. Provai a cercarla ma non aveva lasciato
nessuna traccia. Alla fine mi rassegnai. Quindici anni fa. Un terribile sospetto irruppe nella mia
testa ma in quel preciso momento un'auto frenò bruscamente sulla stradina sterrata dietro di noi.
Bella scese e non so come ha fatto ma riconobbe qualcuno. Urlò qualcosa al tipo che veniva verso
di noi. Il tale le diede un gran pugno e la piccola cadde a terra. Non avrebbe dovuto toccarla,
qualcosa si impadronì di me, ma non capivo ancora, ero solo accecato dall'odio. Quella ragazzetta
era davvero figlia di Mavie? Non ne ero ancora sicuro ma in ogni caso quel pezzo di merda non
avrebbe dovuto toccarla. “Sali in macchina troia” disse con un accento straniero. Venne verso di
me, era una montagna, deciso e cattivo. Ma non sapeva ancora che io ero sicuro che di lì a poco mi
sarei portato via la bimba. Ne ero talmente convinto che non provai nessuna paura. Ero più deciso e
più cattivo di lui e avevo una gran voglia di fargli del male. Ero pronto. Mi sferrò un gran colpo ma
anni di strada e di lotte talvolta inutili mi avevano insegnato a difendermi. Mi colpì di striscio, il
pugno era fortissimo ma non mi ferì, riuscì tuttavia a farmi perdere l'equilibrio e caddi a terra. Era
un sacco di merda perché cadde anche lui. Aveva calibrato il peso nella sicurezza di centrarmi senza
minimamente calcolare che potevo tentare di evitarlo. Infatti è quello che feci e l'idiota perse
l'equilibrio. Atterrò al mio fianco e nel momento stesso che si girò verso di me mi voltai e con tutta
la mia forza gli sferrai una potentissima gomitata in pieno volto. Lo centrai e gli fracassai il naso. Il
rumore delle sue ossa che si frantumavamo aumentarono la mia selvaggia sete di sangue. Il suo
volto ne era già tutto coperto e i suoi lineamenti erano già orrendamente deformati. Perse quasi i
sensi e io ne approfittai. Mi alzai in piedi e lo presi a calci, ovunque e con una cattiveria inaudita.
Avrei potuto ucciderlo ma mi giunse all'orecchio il pianto della piccola e preso da uno sconosciuto
istinto lo lasciai lì a terra, forse ancora vivo. Andai da lei, la presi in braccio e la caricai sulla mia
auto. Non so come ma trovai il modo di uscire da quella campagna e mi diressi verso la prima
stazione di polizia. Entrai dalla porta con la bimba in braccio. Mi stringeva forte, era terrorizzata.
Non mi aspettavo tanta umanità dagli agenti e invece ci accolsero subito come dei profughi. La
piccola venne trasferita subito in ospedale. Mi fecero sedere, mi diedero qualcosa da bere e mi
ascoltarono. Non mi venne in mente che potevo rischiare una denuncia perché la prostituta era
minorenne. Raccontai tutto quello che era accaduto e feci vedere loro la fotografia della madre. Mi
guardarono increduli e quando dissi loro che avevo l'assurda sensazione che Bella poteva essere mia
figlia, mi fecero iniziare a raccontare tutto da capo, perché la storia aveva dell'incredibile. Mi
ascoltarono fino in fondo e forse riuscii a convincerli. Mi accompagnarono a casa e mi ordinarono
di rimanere a disposizione, sarebbe partita un'indagine. Non sapevano ancora che non avevo
nessuna intenzione di allontanarmi, anzi. Dal giorno dopo iniziò un calvario assurdo. Volevo
vederla ma non mi era concesso. Mi rivolsi ad un amico avvocato che mi aveva tirato fuori da
qualche casino in passato. Mi accorsi che prese il caso a cuore perché non mi aveva mai visto in uno
stato simile. Riuscì a combinare un incontro con i servizi sociali che nel frattempo si stavano
occupando della bimba. Venni a sapere che Mavie era morta per overdose due anni prima. Fu un
duro colpo. Chiedemmo l'esame del DNA, non fu facile ma alla fine ci riuscimmo. Quel giorno non
lo dimenticherò mai. Speravo con tutto me stesso che l'esito confermasse la mia paternità. Sapevo
bene che se fosse stato così la mia vita sarebbe cambiata per sempre. Ma sapevo che sarebbe
cambiata anche per la bimba. Dentro di me sentivo che io ero suo padre, non so perché, lo sapevo e
basta. Era uguale a me e bella come sua madre. Bella, Mavie non poteva dargli nome più giusto.
Aprii la busta, subito non ci capii un cazzo, mi aiutò un medico. Era mia figlia. Bella era mia figlia.
Mi misi a piangere come un bambino. Come potevo amarla se non l'avevo mai vista, l'avevo solo
raccattata da un marciapiede in una notte incredibile. Eppure fors' anche per l'amore che provavo
per sua madre la sentii subito mia. Avevo una gran voglia di stringerla. Oh Mavie come hai potuto
farmi questo, ma chissà che forse non sia stato merito tuo, ovunque ti trovi ora, a farci incontrare.
Riuscimmo ad organizzare un incontro, nell'istituto che la ospitava. Fu dura riuscire a convincerla
che io ero suo padre. L'assistente sociale fu bravissima. Per la piccola i traumi sembravano non
finissero mai. Ma questo non era un trauma, lei non sapeva ancora che da quel momento nella sua
vita arrivò la luce. Il mio avvocato chiese l'affidamento ma non era così semplice, ero suo padre
d'accordo, ma la situazione era delicatissima. Pensavo che potevo portarla via così e tanti saluti a
tutti. E invece no, furono bravi anche con me a spiegarmi e sopratutto a convincermi che non era
così semplice. Si trattava di fare un piano di reintegro e la mia collaborazione, mi spiegarono, era
fondamentale. Mi fecero un sacco di domande e vollero capire bene le mie intenzioni. Lo dissi in
mille modi che non volevo altro che prendermi cura di lei. A me non lo dissero ma credo che mi
tenessero d'occhio. Fu un duro lavoro. Inizialmente ci si incontrava una volta alla settimana e
sempre con la presenza dell'assistente sociale. Io arrivavo ogni volta con dei fiori, vestito bene e la
barba fatta. Dovevo conquistarla gradatamente, mi dissero. Facevamo progressi e mi si
complimentarono per la mia pazienza. Ma la mia non era pazienza, era amore e nessuno saprà mai
per quanto tempo sarei riuscito a sopportare quella situazione. Io lo volevo fare e basta. Poi gli
appuntamenti settimanali divennero due, poi tre, poi una pizza, poi il cinema. Ci divertivamo
insieme e finalmente arrivò il giorno che ci fecero uscire da soli. La portai in un magnifico
ristorante e dopo lei mi chiese di accompagnarla a un concerto. Avevamo gli stessi gusti, ci piaceva
il rock e fu fantastico scoprilo insieme. Le promisi che le avrei fatto sentire tutti i miei dischi. Al
nostro ritorno dovevo fare rapporto e la psicologa prendeva appunti e tutte le volte mi diceva che
andava bene e che potevamo avanzare con il piano. Arrivò dunque il momento di portarla a casa
mia e le preparai una cenetta deliziosa. Sotto al piatto le feci trovare l'ultimo disco dei KORN. Lo
scartò con impazienza e mi chiese di ascoltarlo insieme. Misi il volume a manetta e pogammo uno
davanti all'altra incuranti dei vicini, ci divertimmo un mondo. Quella sera le chiesi se aveva voglia
di dormire da me qualche volta. Non le sembrava vero, una notte fuori da quell'istituto. Il giorno
dopo lo dissi alla psicologa e le dissi che Bella ne sarebbe stata felice. Organizzammo anche questa
e non saprò mai spiegare l'emozione che provai ne preparale il letto. Quella notte io dormii sul
divano. Al mattino mi alzai presto e le preparai la colazione. Era una creatura dolcissima e ne ero
fiero. Straordinario fu il fatto che imparai un sacco di cose da lei e non l'avrei mai detto. Poi arrivò
anche il primo giorno di scuola. L'aveva interrotta da quando era morta la madre. Mi stupii di
vedere come era brava e come le piacesse studiare. In poco tempo recuperò gl anni perduti e a pieni
voti. Questa cosa non so da chi l'avesse presa ma ovviamente ne ero molto contento. Dovevo
aiutarla anche con i compiti ma era lei che mi insegnava tutte le cose che apprendeva. Ormai le notti
che passava da me erano sempre più frequenti e finalmente arrivò il giorno che lasciò
definitivamente l'istituto. Era passato poco più di un anno da quella notte e gli assistenti sociale ci
dissero che era un gran risultato e mi dissero anche che era merito mio. Ma io non mi sentivo bravo,
per me è stata la cosa più naturale del mondo. Il piano comunque continuava e un giorno alla
settimana la psicologa voleva vederci e ogni volta le facevamo vedere quanto stavamo bene
insieme. Lentamente anche quegli incontri diminuivano e la nostra vita iniziò sempre più ad essere
normale. Poi arrivò un giorno terribile, mi presentò un ragazzo. Mi sconvolse non poco la cosa, non
l'avevo prevista. Corsi subito dalla psicologa a raccontarglielo e quella mi spiegò che era normale,
anzi era ancora un bel passo in avanti. Significava che aveva sorpassato molto dei suoi trascorsi e
che aveva miracolosamente ritrovato la fiducia negli uomini. Ancora una volta mi dissero che avevo
fatto un ottimo lavoro. Io lo capii ma ne ero comunque gelosissimo. Mi consigliarono solo di
cercare di conoscerlo meglio e comunque di tenerli d'occhio. Era un bravo ragazzo e lei ne era
innamoratissima. Suonava la chitarra e aveva una sua band. Le cose andarono sempre meglio.
Passarono molti anni nei quali io mi feci in quattro per darle la possibilità di studiare e lei mi diede
solo soddisfazioni. Finì gli studi e si laureò. Un bel giorno mi piombò in casa con il suo ragazzo e
mi dissero che aspettavano un bambino. Fu in quel momento che realizzai fino in fondo cosa avevo
fatto per lei. Mi rivenne in mente quella notte e capii davvero che Mavie ci aveva sempre aiutato
perché non crederò mai di esserci riuscito da solo.





BANDITO

Alzate le mani, questa è una rapina.-
La sua voce tremava, come la pistola stretta nella sua mano sudata. Aveva più paura delle sue
vittime ma loro non lo sapevano. Il male quel giorno si impossessò della vita di quelle persone ma
nessuno potrà mai saperne il motivo. E’ troppo facile, giudicando, stabilire da che parte sta il male.
Sicuramente condannabile è qualsiasi azione riprovevole, ma qualcuno, prima o poi, si domanderà
perché? Perché esiste la disperazione ovunque si schieri? Forse non è questa, la disperazione, la
madre del male? Ma di madre non può trattarsi perché una madre genera amore. Allora cos’è che
genera la disperazione? Forse non esiste risposta, ma non significa che dobbiamo smettere di
domandarcelo. Quel giorno Dodi irruppe nella banca, armato di un’ incoscienza malvagia, della
quale forse lui stesso ne era vittima, deciso ad impossessarsi di tutto il denaro che sarebbe riuscito a
sottrarre. Clienti e impiegati si immobilizzarono di fronte alla snella figura, il Sole alle sue spalle ne
offuscava l’immagine e, come la faccia oscura della Luna, cosi nascondeva i suoi segreti e i sui
dolori. Ma le sue intenzioni erano subito chiare e non vi era modo per nessuno, in quel momento, di
percepire la sua umanità, la paura che aveva provocato impediva ai cuori di comunicare. In
momenti come questo la vita sembra passare sopra come fosse spettatrice o maestra, come se
volesse metterci alla prova: tutte le nostre sensazioni sono congelate e ridotte ad un unico forte
senso di angoscia che impedisce tutto il resto. Se solo fosse possibile, in momenti come questo,
liberarci da esso, avremmo la possibilità di percepire in uno sguardo in un movimento, il profondo
del cuore di chi ci sta facendo del male, se solo fosse possibile usare le nostre sensazioni per cercare
di penetrare il volto nascosto delle cose, avremmo la possibilità di cogliere le verità che hanno
cambiato il percorso di un uomo verso il male. Il corso dei fatti forse non cambierebbe, ma riuscire
ad andare “oltre” nella consapevolezza, contribuirebbe ad aumentare, come una gocciolina, il fiume
dell’amore. La cassiera, nonostante la violenta pressione, esitava a riempire il sacco con il denaro
delle casse, guardava il direttore cercando di capire nel suo sguardo cosa avrebbe dovuto fare, lui da
dietro la porta del suo ufficio, la incoraggiava a eseguire gli ordini del malvivente. A quell’ora la
banca non era molto affollata e i pochi clienti si erano raccolti in un angolo impauriti e ammutoliti,
come pecore terrorizzate dal cane. Dodi continuava a urlare alla cassiera di affrettarsi ma lei, pur
essendo anch’ella molto spaventata, si muoveva lentamente fingendo anche di non riuscire ad aprire
i cassetti contenenti il denaro. Tentennava e sembrava che lo scopo fosse di dare il tempo alle
guardie di arrivare. Dodi minacciò brutalmente di farle del male al che la signorina gettò tra le sue
braccia il sacco finalmente riempito e i petti dei presenti si sgonfiarono dell’ansia accumulata in un
simultaneo sospiro di sollievo. Non tutti si accorsero però di un magico frangente che durò il tempo
di un secondo: nel momento in cui gli lanciò il sacco l’espressione della donna divenne triste e
rabbiosa come se quel denaro fosse stato sottratto a lei stessa o forse a lui parve qualcos’altro
ancora, i loro sguardi si incontrarono per una frazione di eternità e lei, con i suoi grandi occhi
azzurri, chiese senza domandare, come se fosse sicura ora, guardandolo, che lui fosse capace di
cose diverse. Dodi, da dietro le fessure del passamontagna, dalla feroce bramosia tradì stupore,
perché ciò che sentì, in vero, in quella donna, lo colpì nel profondo come una lama affilata. Scappò
correndo, non aveva mai sentito prima d’ora, le sirene così vicine ma non era da quelle che fuggiva,
a sconvolgere la sua anima era lo sguardo di quella donna che divenne un ricordo indelebile. Corse
fino allo stremo, lungo il marciapiede, due guardie lo braccavano a piedi a breve distanza mentre
l’auto a sirene spiegate cercava invano di raggiungerlo attraverso il traffico.
La banchina era molto affollata e Dodi correndo scontrava i passanti, qualcuno cadde qualcun altro
spingeva lui cercando di evitare uno scontro, inciampò in un carrettino spinto da una anziana
signora e per poco non finì a terra, la folle corsa creò scompiglio in quella che solitamente era una
strada tranquilla. Istintivamente svoltò a destra, in un vicolo secondario e prima che i suoi
inseguitori potessero vederlo spalancò una porta di legno e la richiuse alle sue spalle facendo
vacillare tutta la vetrina. Era al sicuro? Si acquattò dietro uno scaffale e si chiese dove fosse finito,
diede un rapido sguardo, era una bottega ma non capiva cosa trattasse, c’erano molti oggetti di
legno e di metallo disordinatamente riposti, statuette, utensili e altre cianfrusaglie come ciondoli e
talismani, c’era un forte odore di solventi e di altre diavolerie chimiche come colle e pitture che
copriva un vago sentore di vecchio, sulle pareti erano appese antiche maschere e vecchie stoffe, un
tempo lussureggianti, raffiguranti draghi, stemmi o emblemi. La polvere si contendeva quel regno
con altre sporcizie. Chi poteva mai vivere in un simil luogo? Notò pure che l’ambiente era
particolarmente oscuro, una lampada malandata, da un angolo si sforzava di illuminare come
meglio poteva. Un inquietante sensazione di pericolo lo pervase , ma non era lui il cattivo? Pensò.
In quel momento uno scricchiolio destò la sua attenzione e da un antro buio apparve una figura
femminile.
Buongiorno, ho sentito la porta ma non sono riuscita ad arrivare subito, ero impegnata nel
restauro di un’antica scimitarra, avete bisogno?-
La giovane voce, in una lenta cadenza nordica, fu per lui rassicurante, la signorina fissava il vuoto
davanti a sé e sicura della presenza di qualcuno attendeva una risposta. La lampada illuminava un
poco quella singolare figura: era alta e snella, stava in piedi dietro al banco con le mani unite sul
grembo. Una chiara rebecchina le scendeva precisa lungo i fianchi, sotto, una candida camicetta era
ordinatamente chiusa fino all’ultimo bottone, il ricamato bavero era comunque blando intorno al
suo magro collo. I suoi scarni lineamenti erano tuttavia molto piacevoli. Teneva i capelli raccolti in
un voluminoso e rotondeggiante ciuffo come quelli che si vedono nelle vecchie fotografie delle
nonne. Dodi esitò tra la confusione e la perplessità, avrebbe voluto essere capace di dire qualunque
cosa, anche non vera ma in quel momento una guardia schiacciò il naso contro l’opaco vetro e con
le mani a tettoia sulla fronte scrutò l’interno. Con un sincero e coraggioso impeto Dodi supplicò:
Mi stanno cercando, la prego mi aiuti.-
La tremolante voce tradì disperazione e la ragazza fu attratta anche dal timbro del giovane uomo
risvegliandole improvvisamente sensi dimenticati. Non sapeva niente di lui, tanto meno da chi e
perché era inseguito ma un forte istinto le suggerì di rispondere aiuto proprio quando la porta si
aprì:
Signorina, stiamo cercando un fuggitivo, qui non è entrato nessuno, vero?-
La giovane donna rispose sicura e precisa che non era entrato nessuno per tutta la mattina al che la
guardia salutò augurandole buona giornata e andò a cercare altrove. Dodi non riusciva ancora a
credere di essere stato così vicino all’essere catturato, fissava l’ingresso stordito poi si voltò verso la
sua salvatrice, lei stava ancora là nella solita postura di poco fa, tranquillamente attenta.
Grazie.- disse sommessamente – io…-
Lei è ricercato dalle guardie, ha commesso qualche crimine?-
Dodi si alzò e le andò vicino, la osservava, era stranamente immobile su se stessa, lei percepiva i
suoi movimenti ma non lo guardava, continuava a fissare qualcosa.
Io ora devo andare, tolgo il disturbo, lei mi ha salvato, non dimenticherò.-
Si voltò per uscire ma lei disse ansiosa:
Aspetti! Come si chiama?-
Quelle parole e soprattutto l’emozione con la quale furono dette, per qualche mistero della mente,
gli richiamarono alla memoria la cassiera della banca, si voltò di scatto e timidamente disse il suo
nome. Improvvisamente sentì nel profondo che quello sarebbe stato un giorno diverso, non se ne
rendeva ancora esattamente conto ma gli era impossibile non sentire quel calore che la vita
raramente regala, per lui ancora sconosciuto. L’unica cosa che riusciva a comprendere era un
inaspettato interesse che quelle donne avevano per lui.
Dodi, perché le guardie la cercano che cosa ha fatto?-
La ragazza continuava a fissare il nulla, Dodi le passò una mano davanti al viso e si rese conto che
era cieca, lei disse sorprendendolo:
Si, sono non vedente una malattia mi ha reso così all’età di dodici anni.-
Egli ritrasse la mano vergognandosi e capì che anche se non vedeva sentiva tutti i suoi movimenti.
La guardava ammirato, aveva una strana forza che trovava il suo apice proprio nella calma e nella
serenità che trasmetteva parlando, ne fu immediatamente affascinato.
Ho rapinato una banca.-
Una simile confessione dovrebbe riuscire difficile da fare ma inspiegabilmente davanti a lei gli uscì
dalla bocca quasi come un’altra qualsiasi insignificante affermazione. Se ne accorse infatti cercò
subito nel volto della donna un cenno che gli rimuovesse il pensiero di averla turbata.
Ah, credo che questa sia una cosa grave.- riflettette un attimo poi continuò
Perché lei non ha un lavoro?-
Così dicendo si voltò di scatto verso di lui come se ora potesse vederlo e Dodi ne fu scosso,
l’inanime espressione dei suoi occhi era maledettamente dolce, la sua bocca rimase leggermente
aperta e le sue labbra sembravano formare un cuoricino. Non sembrava spaventata e Dodi sapeva
bene, in cuor suo, che non ne aveva motivo. Anzi si trovava lui stesso a tremare di fronte ad ella,
come al cospetto di una divinità; sembrava una creatura che avesse tratto forza dalle sue disgrazie,
passando, con grande coraggio, attraverso l’accettazione di esse. Questo, nell’oscurità di quel luogo,
fu per lui una grande lezione che gli regalò inoltre la sensazione di aver perso molto tempo fino a
quel momento.
No, io no, io non ho un lavoro.-
Ha mai ucciso qualcuno?- disse lei senza nascondere un poco di preoccupazione.
Io non uccido-
Perché rapina le banche?-
Perché non so fare altro.-
Finì quest’ultima frase prendendosi la faccia tra le mani, un gesto quello che servì a dichiarare la
sua disperazione per la propria natura, che mai fino a quell’istante ne fu stato così consapevole.
Io mi chiamo Ilona.- Disse.
Con un movimento incerto, esitando anche un poco, cercò nel suo buio le mani del ragazzo. Dodi si
lasciò sfiorare dal tocco gentile e quel femmineo contatto scosse le sue fibre. Lei se ne accorse e
nondimeno vibrò anch’ella della sua virilità. La curiosità era ormai incontenibile e le sue dita, come
occhi, cercarono il volto di Dodi per rivelarsene i lineamenti, lui rimase lì senza fiato, estasiato da
quei piccoli movimenti. Le bianche mani salirono nei morbidi riccioli che un destino crudele le
impedì per sempre di vederne il biondo colore, ma la sua pelle, ora, era capace di farle provare
molto, anche senza i colori. Sul collo e sulle spalle sussultò non poco di tanta grazia, un maschio
ben fatto era ora tra le sue mani. Sapeva poco o niente di lui e un ragionevole pensiero avrebbe
dovuto tenerla lontana da un malvivente, ma gli istinti, a volte portano oltre, fortunatamente,
aprendo dimensioni inaspettate. Dodi, che fino a quel momento si lasciò toccare quasi immobile, fu
colto da una irrefrenabile voglia di sentire lui stesso quella donna sotto le sue mani, nelle sue
magrezze, nella sua austera immagine ma soprattutto nella sua irreale profondità ha saputo, come
mai nessuna prima d’ora, elevare la sua anima sulle vette dell’amore. Ma l’amore che provava, per
ora, era verso la vita e verso se stesso, come per un gioco di specchi, sorprendersi delle attenzioni di
una femmina, anche fossero solo compassionevoli gli ha mutato la percezione di se stesso. Con
decisione prese quel viso tra le sue forti mani accarezzandone i tratti, che non potevano essere così
attraenti senza quel sospiro di piacere che le stava procurando. Osò ancora di più, con un poco di
energia attirò Ilona verso di se e lei non oppose resistenza, le loro labbra si sfiorarono timide, nella
coscienza di un tempo precoce. Ma spesso il tempo, in momenti simili, perde i suoi valori, la forza
della vita prende giustamente il sopravvento e insieme realizzarono che non c’era un motivo per
non lasciarsi andare. Ilona si alzò, nessuno saprà mai come o perché Dodi capì che quel gesto era un
invito a seguirla. Il retro, come tutte le vecchie botteghe, era attrezzato come una casa, lei raggiunse
lentamente un sofà e rimanendo di spalle cominciò a svestirsi. Man mano che gli indumenti
finivano a terra, lasciando in vista le sue forme, Dodi pensò che se aveva provato qualcosa per
quella donna, fino adesso, non era esattamente attrazione fisica, ma ora, vedendo lentamente
apparire le sue curve, da sotto quegli antichi abiti, sentì l’irrefrenabile impulso di possederla e come
un cerchio che si chiude, se ne innamorò perdutamente. Non sapeva ancora che Ilona sarebbe stata
per lui un’amante e una compagna per tutta la vita, non sapeva ancora che quella stessa sua vita da
quel giorno cambiò per sempre, e non realizzò ancora che proprio quella donna che la vita rese
cieca riuscì a far vedere invece a lui un’alternativa.





ALTER EGO

Mi sentivo parte di lei, e non di “essa” come sarebbe corretto dire, ma di lei, la mia moto. Avevo un
rapporto viscerale con la mia moto l’amavo e non riuscivo a considerarla una “ cosa”. Non la
consideravo neanche una persona ma sentivo che in qualche modo faceva parte di me, ci
appartenevamo perché ci assomigliavamo e ci completavamo. Lei chiaramente senza di me non
andava da nessuna parte ma neanch’io senza di lei, sempre insieme anche quando pioveva.
Io la trovavo bellissima, mi succedeva spesso quando mi avvicinavo a lei di fermarmi a guardarla e
ogni volta scoprivo un particolare nuovo oppure più probabilmente cambiava il nostro rapporto e
allora una vite o una guaina oppure una curva delle sue linee mi sembrava diverso ma sempre
comunque più bello. A volte ero pure stanco di lei, soprattutto dopo un lungo viaggio, ne scendevo
e me andavo via senza neanche girarmi a salutarla e avevo l’assurda sensazione che un pochino ci
soffrisse e il mattino dopo correvo da lei perché la voglia che ne avevo era amplificata dal ricordo
tenero della sera prima. A dir la verità non era tanto comoda, la sua sella era un po’ dura ma del
resto era una tipa sportiva e se peccava un tantino di grazia sapeva donarmi in cambio sicurezza e
fiducia anche nei momenti più difficili quando il pericolo ci sfiorava. La percezione di noi più forte
che sentivo era complicità, il nostro modo di correre sull’asfalto mi sembrava unico perché era
sempre dolce e sinuoso, mai brusco anche se talvolta spingevamo forte. Avevamo un gran rispetto
l’uno dell’altra ma lei non era mai gelosa delle ragazze che ogni tanto facevo salire con noi, anzi
secondo me in quelle occasioni lei dava il meglio di sé, sembrava che desse loro il benvenuto e mi
aiutava a farle salire perché sapeva che per una donna non era facilissimo sedervisi sopra. Quando
poi si sfrecciava tutti e tre insieme lei si mostrava diversa mi dava la sensazione di fare al meglio
quello che sapeva ma stando un po’ in disparte lasciandoci un po’ soli , umilmente discreta. Ogni
tanto pareva fare capolino forse si sentiva un po’ sola e allora richiamava la nostra attenzione con
qualche performance, sempre delicatamente e sempre attenta a non spaventare la ragazza testandone
piano piano il livello di coraggio capendo fino a dove poteva spingersi per regalarle l’emozione del
brivido e farla divertire. Era anche pronta a venirmi dietro se ero io a prendere l’iniziativa di correre
un po’ e lei rispondeva subito come a dirmi che non vedeva l’ora. Si permetteva anche di
suggerirmi il suo parere sulle donne che le facevo conoscere, non gliene andava bene una e io mi
fidavo molto di lei perché sentiva meglio di me quanto una donna era in grado di fondersi con noi
due e aveva sempre ragione. Infatti quando la lasciavo sotto casa e io salivo con qualcuna sentivo
forte il suo pensiero e sembrava dispiaciuta ma non di rimanere sola lì sotto, a quello era abituata,
aveva un atteggiamento di disapprovazione. Poco dopo quando io facevo l’amore con questa
femmina, che mi piaceva altrimenti non sarebbe stata lì con me, sentivo forte la sua presenza anche
se se ne stava buona in strada, mi tormentava l’idea che lei era giù che aspettava con ansia che
uscissimo, e se per caso la tipa si fermava a dormire io non chiudevo occhio. Non ho mai
interpretato male il suo interessamento alle mie storie, capivo bene il suo istinto: lei voleva per noi o
meglio per me la femmina giusta che sapesse accompagnarmi nei nostri viaggi.
Una in particolare ce la ricordiamo bene, è stata motivo di discussione molte volte. L’ho conosciuta
in inverno, poco prima di Natale. La prima cosa che ho pensato è come mai una ragazza così precisa
fine ed elegante, possa essere attratta da me, io con i miei capelli lunghi e arruffati, la barba di tre
giorni o forse più, le mie magliette nere che in qualche angolo hanno un buco, i miei scarponi
sporchi e il giubbotto di pelle ricoperto di moscerini e tracce di insetti con i quali ho collisionato, e
l’odore della mia pelle che sapeva di strada, di smog e il mio sguardo stanco di chi si deve inventare
ogni giorno la vita.
Lei invece era qualcos’altro, sì proprio la sensazione che provavo, qualcos’ altro. Una biondina
dagli occhi azzurri tutta precisina, delicata e gentile. Piaceva subito a tutti, e i miei amici mi si
raccomandavano “Non la tratterai come tutte le altre, lei non se lo merita, stavolta cresci un po’, non
farla soffrire.” Perché come le ho trattate tutte le altre? Non lo so, sono solo storie finite e guarda
caso sono in buoni rapporti con tutte. Ma cosa ne sanno i miei amici di come tratto le donne? E
soprattutto cosa ne sanno di come cerco di trattare me stesso? Chi può dire cosa?
La mia moto, ascolto solo lei è l’unica che mi capisce è l’unica che conosce la verità. La biondina
dagli occhi azzurri non le piaceva, me l’ha detto subito, non si è fatta ingannare dal suo bel sorriso,
sempre uguale, sempre avanti a tutto con tutti. Un sorriso con una ragazza intorno.
Qualcuno è in grado di vedere al di là?
Chiaramente subito non le ho dato retta anzi ero convintissimo che sbagliasse “Che ne vuoi sapere
tu di donne sei solo una moto, questa è diversa, ma non la vedi? È perfetta…”
“Perfetta?- mi rispose - La perfezione è una virtù delle cose costruite perché se funzionano sono
state costruite perfettamente, ma un giorno smetteranno di funzionare perché è perfettamente
normale che il tempo ne accompagni il degrado, è anche virtù della vita perché se non fosse perfetta
non esisterebbe, ma anche questa, pur essendo perfetto il suo funzionamento, per definizione è
destinata a finire, si può ancora dire che la “riproduzione”, cioè quel circolo attraverso il quale ogni
forma di vita si riproduce sia un meccanismo perfetto e di per sé forse lo è ma è troppo soggetto
all’ambiente esterno ovvero è sufficiente l’intervento di una specie più forte pronta a distruggere
che la riproduzione stessa cessa, la conclusione è che la perfezione non esiste, se non nel momento
in cui si manifesta e da quel preciso momento inizia l’imperfezione. La tua biondina si è
perfettamente costruita per apparire ciò che non è e i motivi di questo li può sapere soltanto lei e in
questo non devi interferire, ma molto presto smetterà di funzionare e mi darai ragione.”
“Si vabbè che palle però, non ti si può dire niente, mi hai appena fatto una lezione di filosofia,
guarda che sei pesante…”
Successivamente tuttavia cominciai a capire che non era attratta da me ma dell’idea che si era fatta
di me e non è retorica, le piaceva quest’uomo che non le dava sicurezza, perché la sua sicurezza e il
suo equilibrio regnavano proprio nel non avere certezze e le piaceva di me ciò che io trovavo
faticoso e che stavo cercando di cambiare, si era spaventata davanti alle mie esigenze di riordinare
la mia vita. Si era allontanata senza neanche aspettare dei risultati della mia evoluzione come se
improvvisamente mi fossi trasformato in un impiegato che a fine giornata si spalma sul divano e la
domenica la passa allo stadio. ( non me ne vogliano gli impiegati e/o i tifosi) Questo è quello che ho
capito di questa storia e quello che mi è rimasto di lei, non molto e quel poco non è neanche di
qualità, vero? Posso sempre essermi sbagliato, chissà…
Comunque, alla fine non gliene va bene una e se non subito arrivo alla stessa conclusione anch’io e
questo lo trovo assurdo, sì cioè, non può sapere le mie cose prima di me come se fosse il mio alter
ego…
Chissà se prima o poi incontriamo una ragazza che le piace, o che ci piace, o meglio ancora, che
piaccia a me, ma davvero e allora sono sicuro che me ne accorgerò prima io.





LA COMETA

Jaul era un cameriere. Era ormai qualche anno che lavorava in quel posto. Cos’era? Un bar, un
ristorante, un circolo ricreativo o forse un luogo progettato anche e soprattutto per i bambini. Già i
bambini. Jaul ne vedeva molti, soprattutto in estate e durante i fine settimana. L’ampio spazio
aperto che il locale disponeva era utilizzato per festeggiare i compleanni. I genitori portavano lì i
loro bambini e li lasciavano finalmente liberi, lontano dai pericoli. Lavoro in un posto senza spigoli,
diceva Jaul, così non si fa male nessuno, i bimbi si divertono e i genitori si rilassano, poi quando
porto la torta, come per magia, torna la calma perché i bimbi sono golosi e i genitori fanno le foto. Il
momento migliore è quando qualche mamma e a volte qualche bimbo, mi offre una fetta di torta e
questo solo perché ho tirato insieme a lui qualche calcio a un pallone, magari con il vassoio dei
bicchieri sporchi in mano. Ma Jaul non sapeva che a volte un calcio a un pallone rende felice un
bimbo, perché lo fa sentire importante, perché se uno che corre da una parte all’altra con i vassoi in
mano, si ferma un attimo a parlare con un bimbo e dà un calcio a un pallone, questo bimbo si sente
importante. Jaul dice di amare il suo lavoro ma in realtà ama i bambini e loro lo sentono. Quella
volta successe qualcosa. Jaul, come ogni tanto faceva, si fermò un attimo a fumare una sigaretta.
Non che quello che vide fosse nuovo per lui. Scene simili ne vedeva quasi tutte le volte. Ma quel
giorno forse da qualche parte nel cielo passava una cometa e per qualche misteriosa ragione la luce
che porta ha unito due cuori. Vide un bambino piangere e urlare. Lo stava osservando da un po’.
Successe che una pallonata lo colpì al volto, ma non troppo forte. Poi cercò di impossessarsi del
pallone perché voleva fare goal, lo promise a suo padre che guardava lì vicino. Ma un altro bimbo
fu più svelto di lui e gli strappò il pallone dalle mani. Chissà se è stato quel brusco gesto o la
pallonata di poco prima o forse il fatto che non è riuscito a fare goal. Chissà. In quel momento si
mise a urlare e piangere disperatamente. Prese suo padre di mira e gli tirò calci e pugni come se
fosse colpa sua. Jaul si impressionò un poco. Non si intendeva di bambini, lui non ne aveva ma
capiva che quel bimbo era particolare. Se cercava di picchiare suo padre, forse, qualche colpa
l’uomo doveva averla, pensò. Lo sentì sgridare il piccolo, gli disse che non era buono a giocare con
gli altri bimbi. Poi lo portò via. Jaul era solo un cameriere ma capì che quel padre non aveva aiutato
suo figlio e ancor di più capì che se il piccolo soffriva così forse era davvero, in qualche modo,
colpa del padre. Chissà se fu la cometa a fare in modo che l’uomo e suo figlio passassero proprio
vicino a Jaul. Gli venne così, d’istinto, si chinò verso il piccolo e gli disse, perché piangi? sei una
creatura meravigliosa. Il piccolo smise di piangere e come da un rubinetto appena chiuso, due
goccioloni di lacrime scesero per ultime dai suoi occhi. Il padre gli fece un cenno e continuò a tirare
il bimbo, forse verso il bagno. Ma quella creatura, che si faceva trascinare, si voltò e non smise più
di guardarlo con gli occhi gonfi e rossi ma stranamente attenti. La cometa sorrise perché forse, era
venuta apposta. Quello che successe dopo, da quel giorno in poi, Jaul non lo seppe mai. Giacomo
non dimenticò mai quelle parole. Nessuno gli aveva mai detto, con tale semplicità, una cosa così. Se
per lui c’era un motivo per essere felice di essere venuto al mondo, lo scoprì quel giorno. Lasciò che
quella frase gli scivolasse dentro, dove qualcosa era aggrovigliato, dove si stava formando un sasso,
un sasso duro capace di trasformare un bimbo in un pupazzo, un uomo nella sua parodia. Quella
frase lavorò senza sosta dentro di lui. Fu capace di aprire il cuore alle domande, suggerì a Giacomo
di prestare attenzione a se stesso e lui gli crebbe intorno come il pomodoro alla canna, dritto verso il
cielo. Divenne un uomo capace di amare, capace di aspettare il suo momento, capace di pulirsi la
bocca dopo una pallonata ma più di tutto capì che queste cose erano il goal più importante, anche se
suo padre non era lì vicino a guardare. Questa è la storia di Giacomo.
Jaul lavorò fino a tarda età e fino alla fine disse che amava tanto il suo lavoro, si sentiva felice della
sua vita e fare il cameriere per lui è stato un lavoro che ha sentito importante ma in fondo, non ha
mai saputo perché. La cometa sparì di nuovo ma promise di tornare, perché ogni volta lascia
qualcosa di buono.





FRASI E AFORISMI

Oggi tutto è precario perché crollano le certezze. Quando non ci saranno più certezze, non ci sarà
neanche più precarietà ma si arriverà alla certezza che da sempre tutto è stato precario, o in
cambiamento, o in evoluzione.

Una grande mente non sempre si fa notare per quello che fa. A volte capita che una grande mente
dimostri di esserlo per ciò riesce ad evitare di fare, ma di questo non se ne accorge nessuno.

Non sto tornando indietro, sto prendendo la rincorsa.

Non c’è peggior schiavo di colui che ha per padrone se stesso.

L'ultima MATERIA che sarà insegnata nelle scuole sarà la SPIRITUALITA' dopo di che non ci
sarà più bisogno delle scuole, perché quando la MATERIA e la SPIRITUALITA' diverranno una
cosa sola, TUTTO diverrà UNO.

Quando il più potente dei telescopi sarà puntato dentro di noi, il cielo mostrerà i suoi segreti e
l’universo ci splenderà dentro come ha sempre fatto ma finalmente guarderemo dalla parte giusta.

Un uomo, il meglio di sé, lo dà nel ricordo che lascia.

Noi crediamo solo in ciò che è possibile ma ciò che è possibile è molto di più di ciò che crediamo.

Uno stesso atto prende significati, elogi o critiche a seconda di chi lo compie.

Libertà è essere qualcosa senza appartenervi e non essere qualcos’altro senza confinarlo.

Se una vita non sembra o non è interessante, i motivi per i quali non la è o non la sembra, invece possono esserlo molto.

"..vi assicuro che è molto più importante un'emozione che un concetto." - Davide Ragozzini - tratto
da un libro che deve ancora scrivere.

Se un giorno, all'improvviso, guardando sotto di te, scoprissi di aver giocato troppo in alto, alza la
testa: vedrai che ancora più in alto c'è qualcuno che sta continuando a giocare.

E' un peccato credere di avere un'idea dell'intero quando se ne conosce solo una parte.

Cosa ci fa pensare che un tempo le cose erano migliori? Non credete, come me, che in quel tempo
c’era il germe del male di oggi?

Quasi nessuno ha mai capito ciò che volevo dire. Sono dispiaciuto, sia per me che per loro.

È sempre stata la mia fantasia a creare la mia realtà.

La mia casa è il mio pianeta. Più muri avrà la mia dimora e
più mi sentirò lontano da casa...

Ecco che cosa ci tocca fare, ormai, a noi che siam sensibili all’arte: dobbiam cercar poesia anche su
un muro di cemento. anche se fosse solo per l'arido e asettico niente che proiettano, come se
fossero stati costruiti non per sorreggere ma per separare, offrono poesia a chi la cerca nella
stessa maniera in cui un deserto fa nascere e crescere, in chi vi si imbatte, voglia, bisogno,
necessità di un po' d'acqua..ma per sopravviverci bisogna portarsela da casa...

Il mondo è il posto più bello che abbia mai veduto. Non capisco come faccian a tentare di
distruggerlo chi come me non ne ha mai veduti altri.

Per una parte del mondo non siamo nessuno, per un’altra parte siamo dei grandi.
Allora non ci resta che chiederci chi siamo per noi stessi.

Quando ci verrà più facile dare che prendere, avremo tutti di più.
Fare di un sogno una realtà
Fare di una passione uno scopo
...cos’altro si può chiedere?

Ci sono universi dove sono vere anche le bugie

Non son fatto per accontentarmi, piuttosto niente e vaffanculo...

Mi faccio troppe seghe mentali? me ne sbatto il cazzo!!!

Quando ho scoperto che una volta babbo natale era verde e negli anni 20 la coca cola lo ha
vestito di rosso per una sua pubblicità ho subìto uno scossone quasi forte come quello che ho
subito da bambino quando ho scoperto che non esiste, ma lo scossone più forte l’ho avuto
quando mi son chiesto: ma se non esiste come han fatto a farlo diventare rosso?

Sono un uomo e ve lo faccio vedere...

Siamo tutti single, in fondo, anche i poligami e gli adulteri. Gli unici che non li saranno mai sono i
gemelli.

Posso rammaricarmi per ciò che non sono? E poi? Poi quando riesco a smettere cercherò di gioire
per quel che sono...

..come si fa a sapere se amiamo davvero una persona se non riusciamo a distinguere
l'amore dal bisogno..

Buon Natale a tutte le persone giuste, buon Natale a tutte le persone che non lo sono e buon
Natale a tutte le persone che, come me, lo sono ogni tanto ma che vorrebbero esserlo sempre.
Buon Natale al Mondo che ci sopporta. Buon Natale sempre, ogni mese, ogni giorno, ogni
istante, perché sarà Natale fino a quando ci sarà bisogno di ricordarlo.

Ho imparato dai libri quanto si può imparare dai libri

Un libro non farà mai concorrenza ad un altro libro; un libro può correre questo rischio ad esempio
con la tv

NON CAPISCO COME SI POSSA CELEBRARE L'UNITA' D'ITALIA
17 marzo 2011come se fossimo sicuri che se non fosse stata unita sarebbe stato peggio. Chi può
saperlo? Nell'incertezza sarebbe giusto quanto assurdo, in un giorno qualunque, rimpiangere i
vantaggi che avrebbero potuto verificarsi se l'unione non fosse stata compiuta. Sono solo confini.
Sono i singoli individui che fanno un popolo e il 'popolo' italiano da sempre dimostra una profonda
spaccatura che aumenta esponenzialmente nel tempo e il suo governo ne è la proiezione.

Le cose belle accadono quando non c'è differenza se accadono o meno.

Sto aspettando...di riuscire a provare, finalmente, pietà per chi non merita stima.

Sto accorciando la distanza che lascio passare tra il commettere un errore e accorgermene.

Non esiste universo talmente grande da contenere la libertà

Non è un caso che oggi il popolo che ha creato un sistema politico e economico pericoloso e contro
natura, sia insediato nei luoghi dove un tempo fioriva il suo contrario...

Io amo perché sono in tutte le cose.

Per avere la PACE non basta non usare le armi, bisogna sentire il bisogno di non costruirle

Il sesso è l'unione tra la mente e il corpo

Il calcio è decisamente meglio della guerra, fino a quando però, ci fa dimenticare che ancora
quella esiste..

Non so ancora se è l'inizio o la fine, ma è tutto meravigliosamente stupendo...tanto, ma tanto
che inizio e fine diventano la stessa cosa...

Le donne salveranno il mondo, ma solo quando riconosceranno tutte insieme il potere della
loro femminilità e la magia che le rende madri...

Non posso decidere di trovare la mia anima gemella, ma posso decidere di voler evolvere fino alla
predisposizione necessaria affinché questo evento si realizzi....

Sulla questione dell'arte
L'opera d'arte è prima di tutto un'idea. Attraverso la materia diventa opera d'arte materiale, fruibile
dai fruitori i quali, attraverso l'oggetto, entrano in contatto con l'idea dell'artista. Questo è il
passaggio attraverso il quale avviene la comunicazione. Ma è anche ragionevolmente sospettabile
che la materia sia inutile se riuscissimo a connettere la nostra mente con quella dell'artista. Non è
necessario il passaggio attraverso la materia perché le menti in questione devono e possono essere
già in contatto perché sono consustanziali (fatte della solita cosa)
Se è possibile dare una definizione di "arte" non è detto che sia possibile tracciare un confine tra ciò
che è "arte" e ciò che non lo è, perché una definizione può essere accettata all'unanimità ma il
confine è soggettivo.

TEORIA DELLA SOGGETTIVITA’ SULLA QUESTIONE DELL'ARTE.
Arte è tutto ciò che è considerato Arte da tutti.
Arte è tutto ciò che è considerato Arte da alcuni.
Non è Arte tutto ciò che non è considerato Arte da tutti.

Il mio aspetto spesso non mi assomiglia....

Tempo fa stavo per vendere l'anima al diavolo, poi mi è venuto in mente di chiedere al mio
Dio se con lui si poteva fare la stessa trattativa, mi ha detto che a lui non serviva vendergliela,
era sufficiente affidargliela e lasciarsi guidare non perdendo mai di vista, però, le cose che
amavo e che desideravo davvero, ma davvero, non cose che credevo di desiderare e che di
certo non amavo. Fu così che sono arrivate le cose giuste per me e la certezza che altre cose
stanno per arrivare.

Non sarò in prima classe, ma sto viaggiando nella direzione giusta...

Sono esattamente ciò che credete che io sia, ma sono anche ciò che non credereste mai che io possa
essere

Le amo tutt'e due tantissimo e ognuna di loro è la prova che l'altra non è per me la persona
giusta...altrimenti quale sarebbe delle due?

Conosco tutte le vostre debolezze...perché sono anche le mie

Le catene che sentite addosso non sono attaccate a mani e piedi, ci girano solo intorno....

La forza di un uomo è nel non avere bisogni o aspettative solo così ti può succedere di vedere il
mondo dalla vetta più alta perché se non ci riesci non sprecherai il tuo tempo a disperartene.

Aspetterò di sentire che è giunto il momento di far leggere le mie opere a chi sento che per qualche
ragione lo debba fare, provando ad annientare il mio ego e dare una possibilità al testo come se
fosse un'entità a me separata e io il suo umile servitore..

Chi ha davvero qualcosa da dire, parla poco..

La voglia di qualcosa di grande a volte è più grande della cosa stessa

Voglio morire urlando parole capaci di cambiare il mondo..

La vera Bellezza può essere solo nelle cose utili

Se gli eserciti si togliessero la divisa, uscissero dalle caserme e si unissero al popolo, se il
popolo stabilisse che il denaro non vale niente, cosa potrebbero fare i "potenti" contro
un'umanità cosciente e consapevole?

Non ho ancora deciso se voglio morire con la faccia in mezzo alle gambe di una donna o sulle
pagine di un libro. Non è facile, perché mi è già successo di morire un po' in questi due modi e
ancora non so in quale ne vale più la pena...

25 0tt 2011 - è strano sentire che la tua vita ha più significato in una palata di fango che in anni
e anni di lavoro...

Non abbiate paura, non c'è niente da temere. Qualsiasi cosa perdiamo, non l'abbiamo mai
posseduta...soprattutto se per avere 1 grammo di materia abbiamo sacrificato 1 particella di
amore....

25/10/2011 - La paura della pioggia è come un ombrello bucato sul nostro mondo di cartone:
tanta acqua serve a pulire tanto sporco...

...la differenza la faremo quando capiremo che un'utopia è l'unica strada possibile!

Il vero senso dell'energia espressiva è collaborare alla creazione necessaria al sostentamento
collettivo, il lavoro, invece, è un'attività non amabile dove tale energia viene sprecata perché
non consapevolizzata e non canalizzata al suo più alto scopo e dal quale appunto ce ne ritorna
indietro solo una piccola parte.

ASSURDO - Ci si scandalizza tanto per dei marines che pisciano sui cadaveri e non per il
fatto che li hanno appena uccisi: anche se è un terribile oltraggio viene dopo al fatto che prima
li hanno UCCISI, nell'assurdità di ogni guerra. Se un uomo è capace di UCCIDERE che
rispetto si può pretendere che abbia per il cadavere dell'uomo che ha appena ucciso?

Sono un uomo di altri tempi, ma futuri..

Io non voto! La mia è una scelta politica precisa e consapevole. Non riconosco la sovranità dello
stato italiano in quanto, tra l'altro, questo governo subisce la "sovranità" del signoraggio
e delle banche centrali rendendoci schiavi. In sostanza considero la mia astensione
come un voto o una partecipazione virtuale al necessario sistema organizzativo
successivo.

Non so se ho imparato e tanto meno so se riuscirò a mettere in pratica ma di certo so che alle
lezioni ho partecipato.

Sono troppo evoluto per una storia d’amore, sono troppo poco evoluto per la MIA STORIA
D’AMORE

Questi sono i tempi in cui avremo l'occasione di scoprire la differenza tra sopravvivere e
vivere felicemente.

Un'umanità evoluta spegnerebbe la luce nelle stanze in cui non c'è nessuno anche con la Free
Energy.







Nessun commento:

Posta un commento