mercoledì 12 dicembre 2012

LA PAROLA - Racconto







La sua era una vita di silenzi. Scriveva poesie ma le leggeva soltanto al suo coniglio. La sua casa era fatta di una stanza sola, in mezzo ad un prato. Conosceva poche cose ma parlava ai fiori. Ogni mattina ringraziava la luce che gli permetteva di vedere il mondo. A volte ricordava di quando era bimbo e di quanto forte era quella cosa che gli entrava dentro quando guardava gli ultimi raggi illuminare una collina. Ricordava anche di quando accarezzava una bestiola e di come credeva che l'amore che passava dalla sua mano potesse arrivare a tutti gli animali del mondo. A volte poche note lo facevano piangere e di questo si vergognava, non sapendo che un giorno avrebbe capito. Da adulto era ancora così: semplice come un sorriso, fresco come un ruscello, leggero  come il mondo, che da sempre galleggia nel niente. Lui era proprio questo: era tutto in mezzo al niente ma ancora non lo sapeva nessuno, nemmeno lui. Si domandava come facessero tutti gli altri  a non vedere le cose che vedeva lui e perché sprecavano il loro tempo a sopravvivere quando si poteva vivere. Per lui la vita era il caldo in inverno e il fresco d'estate, la pace nel silenzio e la voglia di correre. Per lui sogno e realtà erano la stessa cosa.
Una notte però, fece un sogno strano, al mattino qualcosa era cambiato. Rimase seduto tutto il giorno su di un sasso a pensare. Fino ad allora non aveva sentito il bisogno di niente, la sua vita gli sembrò essere stata completa e così era davvero, ma da quel giorno, dopo il sogno, non fu più così. Ma ancora non capiva bene. Nel sogno aveva sentito la sensazione di una cosa che  semplicemente  doveva arrivare, percepì un naturale cambiamento del quale ancora non ne conosceva le sorti. E questo era proprio il motivo che lo faceva pensare. Era tutto così naturale ma non sapeva cosa. Nel sogno vide milioni di mani che scrivevano una parola, non era molto lunga, ma doveva essere molto importante. Le lettere le conosceva tutte ma il significato che prendevano, una al fianco dell'altra, non lo conosceva. Ma già da subito  aveva sentito in quelle lettere una forza immensa. E come succede nei sogni, non seppe come, chi o cosa ma qualcuno  lo ringraziò e quella parola ne era la ricompensa. Al mattino non capiva, perché da capire non c'era niente ma sentiva che tutto era meravigliosamente giusto e che non poteva essere altro che così. Alla fine di quel giorno non sapeva ancora minimamente  cosa fare, ma gli venne in mente di prendere un foglio e di scrivere quella parola. La ricordava bene perché ancora non sapeva che  non solo non si poteva dimenticare, ma che ognuno la conosce da sempre e se nessuno la ricorda é perché tutti dimenticano di saperla. Ma questo ancora lui lo ignorava. La lesse una volta, nella sua mente, e successe qualcosa di potentissimo: una gioia immensa lo attraversò sconvolgendo tutte le sue fibre, cadde a terra e per poco non perse i sensi. Quando si riprese si stupì di non essersi spaventato ma del resto non avrebbe potuto perché nulla di pericoloso gli successe. Tuttavia non trovò spiegazione. Un istinto gli suggerì di leggerla ad alta voce e quello che accadde fu talmente straordinario che non sarebbe mai riuscito a spiegarlo a nessuno. Una volta che la parola fu pronunciata, tutto quello che vide, intorno a lui, gli sembrò bellissimo, talmente tanto che si mise a piangere. E non era altro che la sua casa, la sua umile e povera casa che già lui amava moltissimo. Come un cucciolo che si scotta il naso sulla stufa accesa, capì che la parola non doveva essere letta nella mente, ma ad alta voce, ma il vero significato di questo ancora gli era distante, capì solo che se la leggeva ad alta voce la gioia immensa era la stessa ma così facendo si riversava su tutto quello che gli stava intorno non implodendogli dentro.  Ne rimase stupefatto ma al tempo stesso gli sembrava ancora una volta che tutto era talmente normale e naturale come il mondo. Uscì fuori e la urlò alla sua terra e il tramonto in lontananza, da dietro le colline, lo avvolse con i suoi meravigliosi colori. Gli animali gli vennero incontro e ognuno con il proprio modo, gli mostrò gratitudine. Fu per lui un'emozione fortissima e si innamorò ancora di più di tutto ciò che esiste. Intuì ciò che avrebbe dovuto fare e senza esitare, decise di partire per la città vicina. Il giorno dopo sarebbe andato nel mondo e avrebbe urlato la parola a chiunque avesse incontrato perché una simile gioia doveva essere condivisa, questo era quello che cominciava a capire.
Il nuovo giorno splendeva in un sole magnifico. Salutò la sua casa e i suoi animali e partì. Quando arrivò cercò una piazza piena di gente e iniziò ad avvicinare le persone e a sussurrare la parola vicino ai loro volti. La delusione fu terribile. Le persone lo guardavano come fosse pazzo e lo scansavano. Inizialmente non capiva il motivo di questo, la sua gioia nel pronunciarla era la stessa di quando si trovava nella sua casa, nella sua terra ma nelle persone trovava un muro arido che la rimbalzava indietro, trasformandosi in tristezza. Non capiva. Soffriva di questo perché aveva creduto che anche le persone potessero essere sensibili come lui e  gli animali. Ma non si scoraggiò, iniziò ad urlarla. Si mise a correre ed a urlare la parola in modo che tutti potessero sentirla ma non successe niente. L'effetto era che qualcuno lo allontanava come fosse un pazzo o un maniaco, altri si fermavano  ad osservarlo e lo deridevano. Per tutti era un povero disgraziato sofferente di una qualche patologia che semplicemente voleva attirare l'attenzione. Per lui lo sgomento si fece insopportabile e se qualcuno, sui suoi passi esitava, lo afferrava per le braccia e gli urlava e gli chiedeva come facesse a non capire. Ma quelle persone si liberavano dalla sua presa e fuggivano spaventati. Allora gli venne in mente di scriverla, si procurò il necessario e iniziò a scriverla su ogni muro. Ogni parete che incontrava la ricopriva con la scritta. Anche di questo la gente rimaneva insensibile e restavano a guardarlo con aria interrogativa. Ma lui non si arrese, continuò ad urlarla e a scriverla per molto tempo. L'intera città presto fu coinvolta ma in nessun volto che guardasse vedeva altro se non il vuoto. La sua passione si trasformò in frenesia, si arrampicò ovunque poteva, continuando a scriverla ed a urlarla, ma davanti, sotto e sopra di lui, i volti erano tutti uguali: vuoti come la tristezza. Quando fu in cima ad una ripida scalinata, in un movimento brusco, mise male un piede e perse l'equilibrio, cadde rotolando per tutti i gradini e finì in fondo alla scalinata su di una piazza. Era ferito mortalmente. La gente si fermò tutta ad osservarlo. Una madre, poco lontano, teneva per mano la  piccola figlia.  La bimba le scappò e corse da lui, si intrufolò tra la folla e la madre la rincorse spintonando le persone. La bimba raggiunse l'uomo sdraiato e morente, gli si inginocchiò vicino con in volto un bel sorriso. Lui le prese la mano e pronuncio la parola per l'ultima volta e quella fu l'ultima parola che disse. La bimba sorrise ancora e pronunciò la parola per la prima volta e quella fu la prima parola che disse. La madre arrivò su di lei proprio in quel momento e udì la piccola dire qualcosa ma non capì. Allora chiese alle persone vicine che cosa avesse detto e tutti quanti insieme pronunciarono la parola.
Il tempo si fermò e accompagnò un uomo al suo riposo.
La madre abbracciò la piccola e scoppiò a piangere. La gente che aveva detto la parola provò una gioia immensa e inaspettata. I loro cuori si aprirono e sentirono la voglia di ripeterla ancora. Si voltarono indietro, verso le persone più distanti e  pronunciarono anche a  loro la parola.
Quelle persone vennero avvolte dalla stessa gioia e a loro volta si girarono e pronunciarono la parola ad altre persone ancora, e così via. Da quel giorno tutta la gente iniziò a pronunciare la parola e successero le cose che il mondo aspettava da sempre. Scesero sulla terra la pace e l'abbondanza per tutti e in quella piazza venne eretto un monumento che per la prima volta fu dedicato ad un uomo semplice.



Nessun commento:

Posta un commento