SMETTERE DI LAVORARE
Questo tempo è il tempo che impone cambiamenti radicali del
pensiero, del costume, delle abitudini. Impone lo sviluppo di capacità che ci
consentano di avere una visione allargata, quanto meno in termini di
possibilità, dell’universo e della sua multidimensionalità, delle nostre
latenti capacità intellettive e spirituali. È il tempo che impone una
rivisitazione degli schemi sociali, economici ma soprattutto è il tempo in cui
urge la nascita di una potente pretesa della nostra libertà.
L’evoluzione, nella sua manifestazione, contraddistingue un
individuo (o un piccolo numero) dalla moltitudine.
Non è mai il contrario. Tutte le volte che accade, questo
individuo è costretto a lottare con le idee e il costume diffuso e la
moltitudine pretende da lui che si conformi e che soprattutto non comprometta,
con le sue azioni o propagande, le loro”verità “ sulle quali arroccano le loro
false certezze e le loro “comodità”, fatte spesso di ingiustizie. Ma in lui
fermenta e si agita una forza oscura che lo spinge inesorabilmente in avanti,
talora procurandosi terribili sofferenze ma alla fine accade qualcosa che
sembra sospinto da una forza soprannaturale: l’individuo riesce in qualche modo
a stimolare l’attenzione della massa che lentamente passa da un torpore
caratterizzato da scetticismo e incredulità, divenendo infine capace di
innalzare la percezione necessaria a comprendere e ad accogliere la nuova
visione.
Il folle, l’eretico, l’anticonformista, il ribelle e il
rivoluzionario, improvvisamente viene considerato un eroe, un apripista, molto
spesso solo dopo la sua morte. La storia è zeppa di simili esempi ma,
nonostante questo, mi chiedo come faccia ancora la moltitudine a non ascoltare,
quanto meno, chi canta fuori dal coro.
Da qualche tempo si sta facendo strada un pensiero che
insinua un contenuto che è lungi dall’essere anche solo avvicinato dalle masse.
Soprattutto, incredibilmente, fa fatica tra quelli che più di tutti soffrono l’oggetto
in questione. Il lavoro.
In Italia, credo, il più grande esponente di tale pensiero sia
Silvano Agosti con la sua teoria delle “3 ore lavorative” e il suo libro:
“Lettere dalla Kirghisia”.
Qui suggerisco un mio punto di vista e un’analisi di
questa realtà:
Se improvvisamente smettessimo di lavorare, cosa accadrebbe?
il lavoro è diviso in due grandi parti:
nella prima vengono prodotti beni e servizi utili
nella seconda vengono prodotti beni e servizi inutili.
Nella prima annoveriamo cibo, vestiti, abitazioni, utensili
ecc. però dobbiamo specificare che non
tutto ciò che è cibo, vestiti, abitazioni e utensili, è veramente utile. Molto
fra queste cose è concepito in modo e in numero che diventa superfluo.
Beni e servizi inutili sono tutto il resto.
Certo che per arrivare a fare questa distinzione a livello
unanime, in tutto il pianeta, è necessario che l’intera coscienza collettiva si
innalzi al punto da capire davvero, nel suo profondo, il valore
spirituale ed esoterico della materia.
È chiaro che ad una umanità così evoluta nascerebbero
bisogni e desideri che prima, quando era meno evoluta, non sentiva o fingeva di non sentire o peggio
ancora li classificava secondari o poco importanti.
Questi valori sono: la solidarietà, lo scambio, la
condivisione, lo stare insieme, imparare, costruire, scoprire, inventare,
creare, giocare e fare l’amore. Tutto nel rispetto della natura, di sé e degli
altri.
All’interno di una coscienza simile, molti dei beni
materiali che oggi consideriamo utili e indispensabili, automaticamente diventerebbero
inutili, superflui e addirittura potremmo accorgerci che potrebbero essere
dannosi, perché per produrli si inquina e si toglie tempo, energie e risorse
sia a chi materialmente li produce che al pianeta stesso.
Quindi, supponiamo che a lavorare siano 3 miliardi di
persone e che di queste soltanto 1 milione
al mondo sia impegnato nella produzione di beni e servizi veramente
utili.
A smettere di lavorare, ovviamente, non dovrebbero essere
questi ultimi ma la moltitudine impegnata alla produzione di beni e servizi
inutili e dannosi.
Se allo stato attuale, questo milione di persone, impiega 8
ore al giorno per produrre ciò che è davvero necessario all’umanità intera (in
una visione molto più spirituale) quando e se la moltitudine di lavoratori
smettesse di lavorare, potrebbe affiancare e aiutare il primo milione ottenendo
il fantastico risultato che ogni individuo potrebbe lavorare un’ora sola alla
settimana e non si intaccherebbe la produzione del fabbisogno mondiale. (non ho
fatto calcoli, i parametri potrebbero essere sproporzionati anche perché la
visione è ovviamente molto semplificata: quello che conta è il concetto.)
È chiaro che a tutto questo discorso si affiancano
inevitabilmente altri argomenti come l’etica, l’ecologia, l’evoluzione intesa
in termini spirituali, la pace, l’amore incondizionato per la terra e gli
animali, la capacita e lo sforzo di dissolvere l’ego e la competizione,
limacciose fermentazione nelle quali germina l’odio, l’intolleranza e infine la
guerra.
Spesso, a chi rivolgo questi pensieri, si insinua la paura
di una vita priva di tecnologia perché probabilmente è facile per loro
associare una visione così semplice del mondo al ricordo arcaico dello stile di
vita nei secoli passati fatto di candele, acqua ghiacciata per lavarsi e carri
trainati da animali e quindi ristrettezze, limitazioni e sofferenze.
Ma voglio ricordare a tutti quanti che verso la fine del
1800, un certo Nikola Tesla scoprì un modo per produrre energia elettrica
pulita ed illimitata dal…nulla o vuoto. (che poi sembra appunto che proprio “vuoto”
non sia.) Certo, i suoi studi e i suoi lavori sono stati ripresi con fatiche e
scarsissimi mezzi da altri scienziati in seguito e, ad oggi, sembra che la
tecnica sia ampiamente disponibile, ma allora perché, vi chiederete voi,
continuiamo ad usare il petrolio, a pagarlo caro e soprattutto ad inquinare e
forse ancora di più continuiamo a sopportare l’odiosa presenza della guerra che
è strettamente legata al petrolio?
Semplicemente perché chi detiene il potere ha tutto
l’interesse ad occultare il più possibile tali tecnologie per poter continuare
a sfruttare l’umanità, come? aprire
fabbriche, produrre prodotti inutili e rivenderceli.
Ma un’umanità LIBERA ha tutte le possibilità di rendersi
ancora più libera anche dalle fatiche potendo usare energia pulita e tecnologia
quando questa migliora la vita senza inquinare. Approverebbe anche una
tecnologia utile a permettere agli
individui di viaggiare.
Se solo fossimo tanto coraggiosi da pretenderla dai nostri
governanti e pretendere che lascino liberi e che vengano peraltro finanziati quegli
scienziati, ispirati ed illuminati, che sono pronti a varcare i confini delle
utopie.
Chissà quali sorprese ci riserverebbe una realtà simile.
Come anticipato da messaggi canalizzati, un’umanità così liberata, avrebbe
tempo per continuare ad evolvere spiritualmente, attraverso un’introspezione
che porterebbe a sviluppare tecniche come l’intuizione e la telepatia (dal film
“Il pianeta verde”).
Un altro punto importante da sviluppare è la possibilità che
verrebbe data ad ogni individuo di esprimere totalmente e profondamente le sue
naturali capacità e talenti. Come taluni fortunati ragazzini che, privi di
forti influenze esterne, che sovente hanno la pretesa di educare e instradare
il giovane ad un modello considerato sano e giusto dalla società, si ritrovano
così liberi di esercitare la loro intelligenza e capacità in qualche campo
della scienza o della tecnologia e diventano già da giovanissimi molto
competenti se non addirittura capaci di apportare innovazioni e scoperte al
punto da permettere un balzo in avanti alla scienza stessa.
Questi ragazzini devono farci da esempio, non sono solo dei
geni, ma dobbiamo felicemente accettare che ognuno di noi ha le stesse
possibilità, quanto meno di divenire altamente competente in quegli ambiti nei
quali la natura ci farebbe scoprire
profondamente inclini.
Quando proviamo un immenso piacere in quello che facciamo,
quando anche a beneficiarne sia la collettività, non abbiamo bisogno di essere
pagati con il denaro per farlo. Lo faremmo gratuitamente. Il problema del
denaro è una condizione che tristemente affianca la dimensione delle
espressioni umane ma la relazione tra le due realtà è oltremodo sorpassabile e
dissolvibile. Tanto più se la nostra sopravvivenza e sostentamento non sono
legate alla nostra produttività ma ritorna ad essere un diritto sacrosanto di
ogni individuo, indipendentemente dal ruolo che riveste nella collettività. In
un mondo così delineato, il denaro sarebbe vittoriosamente e felicemente
sorpassato.
In quel mondo, ad ogni bambino che nasce, si potrebbe dire:
“Non ti dovrai mai
preoccupare di nulla. La nostra civiltà prospera, è ricca e ovunque c’è
abbondanza. Tu sarai amato, rispettato e aiutato da tutti e non ti mancherà mai
il sostentamento. Come tutti noi anche tu hai dei talenti che sono per te fonte
di grande piacere e per la collettività una grande ricchezza. Prenditi tutto il
tempo necessario per cercarli e svilupparli, affinché presto anche tu possa
avere la gioia di cooperare e condividere con noi la nostra meravigliosa
esistenza.
Hai a disposizione i
migliori maestri e tutta la sapienza delle nostre biblioteche. Va e sperimenta
te stesso.”
Credete che questo bimbo possa crescere con dei traumi che
molto presto riverserebbe nella società sotto forma di arroganza,
aggressività e violenza?
NO!!!
Questo bimbo sperimenterebbe da subito gioia, felicità e
soprattutto fiducia nei suoi simili e in se stesso. Tutte le sue azioni
sarebbero tradotte nella pura energia dell’amore.
Dunque, smettere di lavorare, tutti e tutti nello stesso
momento, rappresenterebbe di fatto la prima vera rivoluzione pacifica nella
storia dell’umanità. La terra (humus) non bisogno di soldi per dare i suoi
frutti. La terra ha bisogno di acqua, sole e una vanga di buona volontà. Smettere
di lavorare segnerebbe senza dubbio la caduta del sistema finanziario, ma la
terra i suoi frutti li darebbe indipendentemente dalla presenza o meno
dell’economia e i cervelli si esprimerebbero ugualmente e più liberamente. La
parola “lavoro” verrebbe definitivamente sostituita con: “cooperazione”.
La differenza la faremo quando capiremo che un’utopia è
l’unica strada possibile.
Pubblicato su:
http://www.riflessioni.it/la_riflessione/smettere-di-lavorare.htm
http://www.altrogiornale.org/news.php?extend.8030.7
http://www.iconicon.it/blog/2012/09/smettere-di-lavorare-inevitabile/
http://www.altrogiornale.org/news.php?extend.8030.7
http://www.iconicon.it/blog/2012/09/smettere-di-lavorare-inevitabile/
Messo in pratica da 5 anni, con ottimi risultati
RispondiEliminaGrazie del post, mi sento meno sola
Imma
Landru, in che senso hai messo in pratica? Vivi in un villaggio? Vorrei sapere per mettere anche io in pratica :)
Eliminache dire la visione di tutto questo è fantastica........probabilmente non mi vergogno a dirlo io faccio parte di quei cervelli che non fino ad ora non ci erano arrivati.La cosa però mi piace molto forse perchè faccio parte di quelle persone che la speranza l'hanno un po' persa.Spero che da oggi seguendovi le cose pian piano possano migliorare!Io sono con voi!
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