LA COMETA

 



LA COMETA 

 

Jaul era un cameriere. Era ormai qualche anno che lavorava in quel posto. Cos’era? Un bar, un ristorante, un circolo ricreativo o forse un luogo progettato anche e soprattutto per i bambini. Già i bambini. Jaul ne vedeva molti, soprattutto in estate e durante i fine settimana. L’ampio spazio aperto che il locale disponeva era utilizzato per festeggiare i compleanni. I genitori portavano lì i loro bambini e li lasciavano finalmente liberi, lontano dai pericoli.

“Lavoro in un posto senza spigoli”, diceva Jaul, così non si fa male nessuno, i bimbi si divertono e i genitori si rilassano, poi quando porto la torta, come per magia, torna la calma perché i bimbi sono golosi e i genitori fanno le foto.

Il momento migliore è quando qualche mamma e a volte qualche bimbo, mi offre una fetta di torta e questo solo perché ho tirato insieme a lui qualche calcio a un pallone, magari con il vassoio dei bicchieri sporchi in mano. Ma Jaul non sapeva che a volte un calcio a un pallone rende felice un bimbo, perché lo fa sentire importante, perché se uno che corre da una parte all’altra con i vassoi in mano, si ferma un attimo a parlare con un bimbo e dà un calcio a un pallone, questo bimbo si sente importante. Jaul dice di amare il suo lavoro ma in relatà ama i bambini e loro lo sentono.

Quella volta successe qualcosa. Jaul, come ogni tanto faceva, si fermò un attimo a fumare una sigaretta. Non che quello che vide fosse nuovo per lui. Scene simili ne vedeva quasi tutte le volte. Ma quel giorno forse da qualche parte nel cielo passava una cometa e per qualche misteriosa ragione, la luce che porta ha unito due cuori. Vide un bambino piangere e urlare. Lo stava osservando da un po’.  Successe che una pallonata lo colpì al volto, ma non troppo forte. Poi cercò di impossessarsi del pallone perché voleva fare goal, lo promise a suo padre che guardava lì vicino. Ma un altro bimbo fu più svelto di lui e gli strappò il pallone dalle mani. Chissà se è stato quel brusco gesto o la pallonata di poco prima o forse il fatto che non è riuscito a fare goal. Chissà.

 In quel momento si mise a urlare e piangere disperatamente. Prese suo padre di mira e gli tirò calci e pugni come se fosse colpa sua. Jaul si impressionò un poco. Non si intendeva di bambini, lui non ne aveva ma capiva che quel bimbo era particolare. Se cercava di picchiare suo padre, forse, qualche colpa l’uomo doveva averla, pensò. Lo sentì sgridare il piccolo, gli disse che non era capace di giocare con gli altri bimbi. Poi lo portò via. Jaul era solo un cameriere ma capì che quel padre non aveva aiutato suo figlio e ancor di più capì che se il piccolo soffriva così forse era davvero, in qualche modo, colpa del padre. Chissà se fu la cometa a fare in modo che  l’uomo e suo figlio passassero proprio vicino a Jaul. Gli venne così, d’istinto, si chinò verso il piccolo e gli disse, perché piangi? Sei una creatura meravigliosa. Il piccolo smise di piangere e come da un rubinetto appena chiuso, due goccioloni di lacrime scesero per ultime dai suoi occhi. Il padre gli fece un cenno e continuò a tirare il bimbo, forse verso il bagno. Ma quella creatura, che si faceva trascinare, si voltò e non smise più di guardarlo con gli occhi gonfi e rossi ma stranamente attenti. La cometa sorrise perché forse, era venuta apposta. Quello che successe dopo, da quel giorno in poi, Jaul non lo seppe mai. Giacomo non dimenticò mai quelle parole. Nessuno gli aveva mai detto, con tale semplicità, una cosa così. Se per lui c’era un motivo per essere felice di essere venuto al mondo, lo scoprì quel giorno. Lasciò che quella frase gli scivolasse dentro, dove qualcosa era aggrovigliato, dove si stava formando un sasso, un sasso duro capace di trasformare un bimbo in un pupazzo, un uomo nella sua parodia. Quella frase lavorò senza sosta dentro di lui. Fu capace di aprire il cuore alle domande, suggerì a Giacomo di prestare attenzione a se stesso e lui gli crebbe intorno come il pomodoro alla canna, dritto verso il cielo. Divenne un uomo capace di amare, capace di aspettare il suo momento, capace di pulirsi la bocca dopo una pallonata ma più di tutto capì che queste cose erano il goal più importante, anche se suo padre non era lì vicino a guardare. Questa è la storia di Giacomo.

Jaul lavorò fino a tarda età e fino alla fine disse che amava tanto il suo lavoro, si sentiva felice della sua vita e fare il cameriere per lui è  stato un lavoro che ha sentito importante ma in fondo, non ha mai saputo dire perché. La cometa sparì di nuovo ma promise di tornare, perché ogni volta lascia qualcosa di buono.

Davide Ragozzini

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