ALTER EGO

 


ALTER EGO

 

Mi sentivo  parte di lei, e non di “essa” come sarebbe corretto dire, ma di lei, la mia moto.

Avevo un rapporto viscerale con la mia moto l’amavo e non riuscivo a considerarla una “cosa”

Non la consideravo neanche una persona ma sentivo che in qualche modo faceva parte di me, ci appartenevamo perchè ci assomigliavamo e ci completavamo.

Lei chiaramente senza di me non andava da nessuna parte ma neanch’io senza di lei, sempre insieme anche quando pioveva.

Io la trovavo bellissima, mi succedeva spesso quando mi avvicinavo a lei di fermarmi a guardarla e ogni volta scoprivo un particolare nuovo oppure più probabilmente cambiava il nostro rapporto e allora una vite o una guaina oppure una curva delle sue linee mi sembrava diverso ma sempre comunque più bello.

A volte ero pure stanco di lei, soprattutto dopo un lungo viaggio,  ne scendevo e me andavo via senza neanche girarmi a salutarla e avevo l’assurda sensazione che un pochino ci soffrisse e il mattino dopo correvo da lei perché la voglia che ne avevo era amplificata dal ricordo tenero della sera prima.

A dir la verità non era tanto comoda, la sua sella era un po’ dura ma del resto era una tipa sportiva e se peccava un tantino di grazia sapeva donarmi in cambio sicurezza e fiducia anche nei momenti più difficili quando il pericolo ci sfiorava.

La percezione di noi più forte che sentivo era complicità, il nostro modo di correre sull’asfalto mi sembrava unico perché era sempre dolce e sinuoso, mai brusco anche se talvolta spingevamo forte.

Avevamo un gran rispetto l’uno dell’altra ma lei non era mai gelosa delle ragazze che ogni tanto facevo salire con noi, anzi secondo me in quelle occasioni lei dava il meglio di sé, sembrava che desse loro il benvenuto e mi aiutava a farle salire perché sapeva che per una donna non era facilissimo sedervisi sopra.

Quando poi si sfrecciava tutti e tre insieme lei si mostrava diversa, mi dava la sensazione di fare al meglio quello che sapeva  ma stando un po’ in disparte, lasciandoci un po’  soli, umilmente discreta.

Ogni tanto pareva fare capolino, forse si sentiva un po’ sola e allora richiamava la nostra attenzione con qualche performance, sempre delicatamente e sempre attenta a non spaventare la ragazza, testandone piano piano il livello di coraggio e capendo fino a dove poteva spingersi per regalarle l’emozione del brivido e farla divertire.

Era anche pronta a venirmi dietro se ero io a prendere l’iniziativa di correre un po’ e lei rispondeva subito come a dirmi che non vedeva l’ora.

Si permetteva anche di suggerirmi il suo parere sulle donne che le facevo conoscere,  non gliene andava bene una e io mi fidavo molto di lei perché  sentiva meglio di me quanto una donna era in grado di fondersi con noi due e aveva sempre ragione.

Infatti quando la lasciavo sotto casa e io salivo con qualcuna, sentivo forte il suo pensiero e sembrava dispiaciuta ma non di rimanere sola li sotto, a quello era abituata, aveva un atteggiamento di disapprovazione.

Poco dopo quando io facevo l’amore con questa femmina, che mi piaceva altrimenti non sarebbe stata lì con me, sentivo forte la sua presenza anche se se ne stava buona in strada, mi tormentava  l’idea che lei era giù che aspettava con ansia che uscissimo, e se per caso la tipa si fermava a dormire io non chiudevo occhio.

Non ho mai interpretato male il suo interessamento alle mie storie, capivo bene il suo istinto: lei voleva per noi o meglio per me, la femmina giusta che sapeva accompagnarmi nei nostri viaggi. 

Davide Ragozzini

 

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